Archivia 30/04/2013

La banalità di ammazzare una moglie

Trasmettiamo il comunicato stampa della Casa delle donne maltrattate di Milano.

Alla trasmissione di Corrado Formigli in onda il 29 aprile 2013 la giornalista Lucia Annunziata, esprimendo opinioni sul grave fatto accaduto a Roma davanti a Palazzo Chigi, ha affermato che l’uomo che ha sparato ai carabinieri ha compiuto un gesto diverso da quello [più normale?] di altri che nella disperazione si tolgono la vita gettandosi da un ponte o sparano alla moglie

Il centro antiviolenza  si domanda

come mai una giornalista attenta e sensibile come Lucia Annunziata abbia potuto così leggermente fare una annotazione di questo tipo. Come se ammazzare la moglie sia ormai diventato quasi un luogo comune e un dato scontato delle reazioni “umane” maschili!

E invita tutti, soprattutto i giornalisti che danno informazioni e commentano notizie, a non banalizzare e rendere scontate tragedie che colpiscono le donne che fanno scelte di autonomia e che vengono punite proprio nelle loro espressioni di libertà.
Se ne riparlerà il 14 maggio alle ore 10,30 alla Conferenza Stampa della Casa delle Donne Maltrattate di Milano dove verranno esposti i dati raccolti dalle avvocate di Cadmi e dai Centri Antiviolenza della Regione Lombardia. Dove si discuterà anche delle archiviazioni, delle mediazioni, e di tutti i percorsi che negano la violenza familiare e la banalizzano in conflitto tra coniugi mettendo a rischio la vita
Milano, 30 aprile 2013

Solidarietà tra donne come antidoto alla violenza

La solidarietà tra donne è un antidoto formidabile al maltrattamento e alla violenza sulle donne, sia dentro che fuori casa. Ne parliamo con Marisa Carta, responsabile del Centro azione donne maltrattate (Cadom) di Monza. Il Cadom di Monza è attivo da 1994, oggi con 40 volontarie, di cui 4 avvocate (penaliste e civiliste) e 3 psicologhe.

La rete contro il maltrattamento

Lavoriamo molto sulla prevenzione, soprattutto nelle scuole, dove l’obiettivo è sia di far capire che le relazioni possono essere non violente, sia di combattere ruoli e stereotipi dentro cui si annida la violenza di genere. Inoltre portiamo avanti progetti di formazione e corsi di approfondimento sia per le volontarieche per operatori e operatrici dei servizi socio-sanitari e delle forze dell’ordine.

In Brianza le operatrici del Cadom di Monza sono state formatrici all’interno del progetto  Artemide, che ha permesso di arrivare alla formazione di un Protocollo d’intesa. Firmato la prima volta nel 2010, è stato riconfermato nel 2012 per il 2013 ed  ha permesso di creare una rete contro il maltrattamento

E’ una rete vasta e complessa, di cui fanno parte le forze dell’ordine, associazioni, Comuni, operatori del terzo settore, medici, operatori di pronto soccorso. Praticam siamo riuscite a coprire quasi tutta la Brianza (solo distretto di Desio è rimasto fuori perché in quel momento il Comune era commissariato)

Le utenti

Nel 2012 sono state accolte 243 donne, 70 da Monza e il resto dalla Provincia. Queste le cause:

  • 42% maltrattamento psicologico,
  • 31% maltrattamento fisico
  • 14% maltrattamento economico
  • 7% stalking (in aumento)
  • 6% violenza sessuale agita dal partner

Il 90% maltrattanti sono italiani.

L’attività nelle scuole

Quando un ragazzo o una ragazza affermano, come ci è capitato: “Sì i miei genitori mi picchiano (in modo violento) però mi vogliono bene”. Noi chiediamo che cosa vuol dire “volere bene”? Cosa vuol dire “rispettare”? Lavoriamo sul rispetto e sul riconoscimento reciproco

Capita a volte di dover spiegare a ragazzi e ragazze cosa sia uno stupro. Capita che emergano fuori anche casi di violenza assistita vissuta da ragazzi e ragazze. Tra i progetti infatti c’è anche la formazione alle insegnanti x riconoscere segni violenza subíta.

Solidarietà femminile come antidoto alla violenza

Con quasi 30 anni di esperienza alle spalle, Marisa si dichiara fermamente convinta che molti casi di maltrattamento sarebbero “stoppati” sul nascere se ci fosse maggiore attenzione da parte delle donne. Dice:

Mi ha colpito una frase, quando è stata uccisa una donna extracomunitaria a Bernareggio e una delle sue amiche ha detto: “lo sapevo che sarebbe finita così”. A parte rimanerci malissimo, mi sono molto arrabbiata. Se io voglio bene a una persona, se sono sua amica,  cerco in tutti i modi di tirarla fuori. Non è che la prendo di peso e la porto in un centro anti-violenza, perché questo non cambierebbe assolutamente niente, nel senso che la donna per rivolgersi a noi deve essere convinta di quello che fa.

Il Cadom di Monza, come tutti i centri antiviolenza, accetta le segnalazioni ma non prende mai appuntamento per terze persone. Cosa può fare, dunque, un’amica? Può spezzare l’isolamento cui nasce e cresce la violenza.

Deve essere la donna che subisce il maltrattamento a telefonare, perché deve essere lei a prendere questa decisione. Però il mio compito è portarla piano piano a prendere questa decisione. Solidarietà nel senso di fare uscire la donna che vive il maltrattamento dal senso di profonda solitudine che vive all’interno del maltrattamento. Le donne che vengono da noi ci raccontano proprio dell’isolamento che vivono anche all’interno della famiglia. Magari con le sorelle che non dicono niente o che dicono “te lo sei scelto tu, gestiscitelo tu il problema”

Quindi solidarietà è appoggio, accompagnamento.

Abbiamo notato che le donne che vengono da noi accompagnate da un’amica, sono quelle che più facilmente iniziano un percorso di uscita dalla violenza. Perché sanno di avere un sostegno, persone che le ascoltano e soprattutto che non le definiscono delle cretine perché hanno subito situazioni pesanti per anni.

Da sole non è possibile farcela, dice Marisa.

La cosa più deleteria che può vivere una donna che subisce un maltrattamento è l’isolamento, di doversi gestire tutto lei. C’è tutto il problema della colpevolizzazione, il fatto di sentirsi adeguata, di non potersi muovere, di non poter tutelare adeguatamente i figli. Tutta una serie di dinamiche da scardinare… da sola non si può.

Al Centro anti-violenza siamo tutte donne

In tutti i centri della rete regionale e nazionale lavorano solo donne.  Siamo partite dall’idea che la donna per parlare dei suoi problemi ha bisogno di trovarsi davanti un’altra donna. Almeno nelle fasi iniziali la figura maschile è una figura, diciamo, compromettente. Questo non vuol dire che non si trovino delle persone estremamente attente, ad esempio tra le forze dell’ordine, con grandi capacità di accoglienza e ascolto. Però noi ci muoviamo sul terreno del rapporto tra donne.

E.C.

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Paura degli esami

“Non riesco ad andare avanti con gli esami, aiuto!” Una studentessa chiede un consiglio allo Sportello donna.

Buongiorno
mi chiamo Erika, ho 22 anni, frequento architettura già da 3 anni ma non riesco ad andare avanti con gli esami… ce la metto tutta, mi preparo studiando mesi e poi una volta di fronte all’esame… crollo!
Qualcuno mi ha parlato di “ansia da prestazione”, io so solo che, di fronte alle domande, è come se tutto ciò che avessi letto e imparato scomparisse improvvisamente dalla mia testa, vado in confusione, incespico, balbetto e il risultato è che appaio come una che non ha studiato abbastanza!!
Cosa posso fare? Non vorrei mollare gli studi, i miei genitori ci tengono tanto e anch’io.
Vi ringrazio in anticipo per il consiglio, Erika

Ciao Erika,

credo che la chiave di quanto ti accade possa risiedere, al di là delle apparenze, nella tua convinzione interiore di essere “una che non ha studiato abbastanza”.

Partendo dal presupposto che questo non sia affatto vero (studi eccome, a quanto scrivi, e non stento a crederlo), ciò su cui bisognerebbe lavorare è l’origine di questa tua convinzione interiore e il modo quindi per mutarla, in meglio ovviamente.

Si tratta in definitiva di un problema legato all’autostima, problema che, storicamente, tocca peraltro gran parte dell’universo femminile (per ragioni culturali e sociologiche molto radicate e diffuse…): dettaglio che aggiungo anche perché tu possa sentirti meno sola in tutto ciò!

Mi chiedo e ti chiedo poi se, in tutto questo, non possa avere un peso il giudizio dei tuoi genitori, che tu stessa tiri in ballo nell’ipotesi (non auspicata) di dover o poter mollare gli studi.

Un caro saluto e a presto,

Susanna Fresko, analista filosofa, Sportello donna Cernusco s/N

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Tutto parla di voi

Tutto parla di voi – Dare voce al disagio nella maternità

Girovagando tra i vari siti internet alla ricerca di qualche ispirazione capita di imbattermi in un recente progetto in rete riguardante la maternità tratto dal film di Alina Marazzi Tutto parla di te, uscito nelle sale italiane a fine febbraio . E’ un film che racconta cosa succede quando si diventa madri, la trasformazione attraverso la quale passa ogni donna e alla quale nessuna può sottrarsi; un passaggio che qualcuna purtroppo subisce mentre da altre è vissuto con maggiore controllo.

Si tratta di una trasformazione inevitabile, perché il legame con il figlio che si è messo al mondo non ha eguali con nessun altro tipo di legame fin dalle prime ore ed è un cambiamento talvolta doloroso proprio perché definitivo. Il momento in cui si diventa madri è probabilmente il più delicato nella vita di una donna, quello in cui si è più fragili, indipendentemente dalla forza che si aveva prima. In Tutto parla di te si racconta quel sentimento in bilico tra l’amore e il rifiuto per il proprio bambino che alcune madri conoscono e la fatica che si fa ancora oggi ad accettarlo e ad affrontarlo, perché va contro il senso comune di un legame primordiale: quello appunto tra madre e figlio.

Dall’idea del film è nato appunto il web – documentario sopracitato Tutto parla di voi, visibile sul sito Il Fatto Quotidiano con il patrocinio dell’Osservatorio nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da) , diviso in due parti di cui una più narrativa e una partecipativa nelle quali è prevista la possibilità per gli utenti di caricare e condividere contenuti personali sul tema dell’essere madri e padri approfondito in tutte le sue declinazioni.

Chi scrive sono donne alla prese con l’ambivalenza del sentimento materno, donne sospese tra il rifiuto di una nuova condizione, per di più irreversibile, e la paura di ammetterlo ma anche giovani madri alla prima gravidanza mosse da mille ansie nei confronti della nuova realtà che le attende ma al tempo stesse curiose di scoprirla.

E’ un progetto che vuole distanziarsi dalla figura idealizzata di mamma perfetta e tuttofare che spesso vediamo negli spot pubblicitari; è importante che una neomamma che si trova ad affrontare tutte le difficoltà della sua nuova condizione sappia che ogni problema, ogni sentimento contrastante che prova verso il proprio figlio, ogni senso di stanchezza e inadeguatezza sono normali e comuni a ogni altra mamma e possono essere spazio di confronto anziché di chiusura.

Dobbiamo sapere che in Italia sono oltre 90.000 le donne che soffrono di disturbi depressivi e di ansia nel periodo perinatale e il 70% delle madri manifesta nei giorni immediatamente successivi al parto sintomi lievi e transitori di depressione, in una forma chiamata “baby blues”, che tende a scomparire spontaneamente nell’arco di una decina giorni. Questi sintomi di passaggio però, se trascurati, nel tempo potrebbero trasformarsi in una forma di depressione post partum più grave, che colpisce in media il 16% delle neo mamme.

Non dimentichiamoci che nel nostro paese c’è ancora un grosso tabù riguardo alla depressione post partum che rende troppo grande il senso di colpa che accompagna la madre quando si ritrova a sentirsi quasi estranea davanti al proprio figlio e la meraviglia della maternità lascia il posto alla stanchezza.

Solo tenendo in considerazione questi dati possiamo comprendere l’importanza di un progetto che mette in primo piano le donne come madri aprendo una riflessione sui modelli con cui la donna deve confrontarsi e sui cliché che li accompagnano. La maternità non più descritta per lo più come condizione idilliaca e unico campo di piena realizzazione femminile ma finalmente svuotata da tutti gli stereotipi che non corrispondono poi alla realtà delle cose.

Tutto parla di voi è un luogo dedicato alle mamme, alle donne, e perché no, anche ai loro compagni di vita, in cui poter raccogliere storie e dare la possibilità di raccontarle sotto forme diverse: un video, una fotografia, un post o un semplice tweet. Un’esperienza di storytelling collettivo che cerca di dare voce alle mamme e blogger che già, grazie alla rete combattono i tabù e si aiutano a vicenda. Perché le donne quando fanno “rete” trovano le risorse per superare le proprie crisi, con una buona dose di coraggio, creatività e ironia.

Si crea quindi spazio vivo dove poter visualizzare luci e ombre della maternità, scambi di esperienze e di pensieri, anche quelli più scomodi. Insomma siamo di fronte ad un vero e proprio esperimento di narrazione collettiva, che trae ispirazione dalle dinamiche partecipative della rete, per raccontare la realtà, quella che ci riguarda da vicino, anche la più semplice e quotidiana.

Penso che raccontare e ascoltare storie siano bisogni fondamentali dell’uomo, e che le storie di altri aiutino a riflettere e comprendere meglio certi passaggi della propria di vita.

La nascita, il parto, i primi passi delle madri insieme a quelli dei loro bambini, sono per molto tempo rimasti esclusi dalle narrazioni,come fossero temi relegati allo spazio privato e intimo, quando non privati addirittura della parola stessa. Esclusi anche dal dibattito come fossero temi che riguardano solo le donne, anzi solo le madri, e magari gli addetti ai lavori (ostetriche, psicologi, pediatri, assistenti sociali e chi più ne ha più ne metta).

Ora si è aperto uno spazio dove lasciare parole e ricordi senza il timore di essere giudicati. Ricordare significa letteralmente “riportare al cuore” dunque il mio consiglio è quello di andare sul sito, lasciarsi rapire dalle storie altrui nelle quali magari vi capiterà di ritrovarvi e per un attimo ricordatevi di voi.

Silvia Di Pietro

Immagine: 'Girl in Despair'
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Grigio

Il cielo respirava un canto mite
lento
Muovendo piano il velo
già grigio
di un tenero tiepido mattino.
 
Soffiava piano, carezze gentili
su frotte di spighe ripiene di sole
E mormorava, voce sottile
fra betulle gracili e stonate
sul canto allegro dei fringuelli.
 
Così vibravano, al vento
sui fusti esili e chiari
le chiome folte, d’argento:
Come i cuori incauti e speranzosi
che allora avevamo in petto.
 
Palpitavano anch’esse,
cuori in cielo
E lui le vide, tanto belle
ma altrettanto ingenue
fragili e leggere
 
Così si sciolse in lacrime, il cielo
in un sussurro fine
sommesso
E pianse a lungo, fino a spargere
anche i suoi ultimi caldi umori.
 
Si piegarono, le spighe
Si quietarono, i rami
E si sparsero, col vento
nell’aria umida di pioggia
anche le nostre, brevi
già remote emozioni.
 
Sabrina Calzia
Immagine ‘pink floyd:empty spaces
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Genitori anziani obblighi dei figli

La madre anziana ha bisogno di assistenza ma uno dei fratelli non contribuisce alle spese. Che fare?

Siamo tre fratelli e nostra madre di 83 anni, vedova da tempo, si è rotta il femore per un infortunio. Terminato il periodo di degenza, la mamma è rientrata a casa sua senza più essere in grado di provvedere a se stessa. Quindi noi figli, ad esclusione di uno, ci siamo prodigati nel mantenerla e nel prestarle le cure necessarie alla sua assistenza diurna e notturna, ma con il peggiorare della situazione ci siamo convinti ad assumere una badante. Tuttavia la pensione di mia madre è insufficiente a coprire le spese, pertanto noi due fratelli integriamo mensilmente la differenza.
Ogni tentativo per rendere nostro partecipe alle necessità della mamma è risultato vano ma non mi sembra corretto che egli si possa disinteressare totalmente della questione, cosa possiamo fare? Ringrazio e saluto.

Gentile Signora, l’ordinamento conferisce importanza fondamentale al gruppo familiare, dal quale sorge il dovere della reciproca assistenza e della solidarietà in relazione ai bisogni sostanziali della vita.

Presupposti essenziali per la richiesta di alimenti (ex art. 433 c.c. s.s.), dunque, sono lo stato di bisogno in cui versa l’alimentando nonché l’impossibilità di quest’ultimo di provvedere al proprio sostentamento.

Nel caso di specie, i figli sono obbligati a prestare gli alimenti in favore del genitore e dal combinato disposto con l’art. 441 c.c. deriva l’obbligo, in proporzione alle rispettive condizioni economiche, di contribuire al mantenimento.

La mancanza di accordo, dunque, vi legittima a proporre una domanda giudiziale diretta a veder condannare il “terzo fratello” a contribuire al versamento degli alimenti, in relazione alle proprie condizioni patrimoniali ed economiche.

Il Giudice, dunque, valuterà il tenore di vita degli obbligati e disporrà in merito alle modalità di somministrazione in favore di vostra madre. I miei migliori saluti.

Avv. Daniela Meneghelli, Sportello Donna Cernusco s/N.

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Cosa fa una doula

Doula sì, doula no? Nuove figure emergenti in Italia.

Nel Regno Unito e in generale nei Paesi nordici tutte le donne conoscono la doula, chiamata anche “mother assistant” per il fatto di venire assegnata dai Servizi sociali al momento della scoperta della madre di aspettare un bambino. Per le mamme italiane è invece ancora una figura nuova e tutto sommato sconosciuta alle più ma che gradualmente si sta diffondendo.

La parola “doula” viene dal greco, significa “ancella”e si riferisce ad una donna che presta servizio ad un’altra donna. Oggi possiamo definirla anche una mamma esperta che al fianco della neo mamma che vive un momento impegnativo ma certamente bellissimo come la nascita di un figlio la supporta collaborando con l’ostetrica e offrendo consigli pratici e sostegno emotivo.

Queste figure non hanno compiti specificatamente medici come il controllo del battito cardiaco o esami vaginali ma piuttosto utilizzano il massaggio, l’aromaterapia, suggeriscono posizioni, e forniscono consigli per favorire la normale progressione del travaglio. Una doula che si occupi dell’assistenza al travaglio di parto sta accanto alla donna sia che essa voglia partorire nella sua casa, sia che si rechi in ospedale o in una casa maternità, e rimane con lei fino ad alcune ore dopo la nascita.

Perché può essere importante?

In gravidanza è un punto di riferimento. Ascolta e sostiene emotivamente nelle decisioni da prendere, e nelle piccole e grandi crisi, costruisce una relazione empatica e di fiducia, che faccia sentire tutti i protagonisti dell’evento nascita a proprio agio, aiuta a cercare informazioni basate su evidenze scientifiche e può aiutare nella compilazione di un “birth plan” (Il Piano del parto) e aiutare a discuterne con il partner. Può inoltre rivedere con la mamma e aiutarla a personalizzare la preparazione al parto che ha seguito con un’ostetrica. E’ importante capire che non sostituisce il lavoro dell’ostetrica ma ne è il complemento! Può accompagnare alle visite ginecologiche, o agli esami significativi come l’amniocentesi ed eventualmente sostenere l’accudimento dei figli maggiori negli ultimi mesi di gravidanza e pianificare e organizzare il rientro a casa.

Differenze da non dimenticare!

La doula si occupa possibilmente in maniera continuativa del benessere della donna che diventa madre mentre l’ostetrica si occupa della salute della donna che diventa madre (idealmente conoscendola prima del parto e rivedendola dopo).

La puericultrice si occupa del benessere del bambino che nasce mentre l’Educatrice perinatale informa e trasmette alla mamma precise modalità di accudimento del bambino con un approccio educativo

La (il) ginecologa (o) si occupa della salute dell’apparato genitale della donna e invece la (il) pediatra dello sviluppo psicofisico dei bambini e della diagnosi e terapia delle malattie infantili.

Quanto tempo ci vuole per diventare una Doula?

Una riflessione seria non può che rispondere: tutta la vita! Alle doule non basta imparare il “saper fare”, gli elementi tecnici della professione (ed anche per quelli può volerci studio e impegno continui), le doule lavorano con il cuore e l’anima delle donne, sono presenti in uno dei momenti più intimi e delicati della loro vita, in situazioni in cui la loro presenza può fare la differenza tra un’esperienza di nascita positiva ed una negativa. Devono sapersi relazionare con le mille sfumature delle emozioni, con i non detti, con i problemi, con il dolore, con il passato delle persone che durante il parto spesso si può osservare come in trasparenza, occasione di grandi rinascite, o di “ritorni” dolorosi, ed infine ma è la cosa più importante: con la nostra impotenza. Le aspettative delle donne oggi sono sempre più elevate rispetto a quello che si desidera come “momento perfetto”, in cui tutto “deve” andare bene. Per la doula riuscire a mantenersi in equilibrio tra aspettative e realtà, tra i sogni e la materialità dell’evento, richiede un apprendistato duro, un atteggiamento aperto alla conoscenza di sé e alla crescita personale.

Come si diventa una doula?

Il più delle volte le migliori professioniste del settore sono donne che hanno già vissuto l’esperienza della maternità e comprendendone i disagi hanno scelto di mettere in campo la propria esperienza. Il requisito principale per intraprendere il ruolo di doula è dunque quello dell’esperienza che in questo caso è possibile raccogliere esclusivamente sul campo, tuttavia esistono diversi corsi di formazione solitamente della durata di 2 anni che specializzano ulteriormente la figura professionalizzandola.

Associazione doule Italia

Nata nel 2011, è  una rete di doule che promuove e tutela questa particolare figura professionale. Sul sito “Associazione Doule Italia” si possono trovare informazioni su come si diventa doule. Si possono anche leggere i racconti delle esperienze di mamme che hanno scelto di essere affiancate da una doula prima e dopo la nascita del proprio bambino.

Quanto si guadagna come doula?

Normalmente la Doula viene contattata da private che durante il periodo della gravidanza hanno necessità di un aiuto concreto e affettivo. Il modo migliore per farsi conoscere è dunque quello di mettere online la propria professionalità e lo si può fare in totale autonomia o semplicemente iscrivendosi ad una community di professioniste: la più nota sul web è www.mondo-doula.it e i guadagni sono naturalmente variabili e dipendono dalla professionalità della doula, dalle ore che sceglie di condividere con la mamma e con le necessità di ognuna.

Quanto costa per i genitori?

Gli incontri tra mamma e doula durano mediamente 2 ore e costano dai 40 ai 50 euro l’uno. Possono essere programmati o avvenire nel momento del bisogno, il problema però è che in Italia le spese non sono coperte dal Servizio sanitario nazionale come avviene in altri paesi. Per questo motivo è nata l’iniziativa Regala una doula! tramite l’Associazione doule Italia sul quale si possono trovare anche gli elenchi delle doule certificate.

Negli ultimi anni è un fiorire di corsi e iniziative e il passaparola tipico italiano funziona molto perché una donna che prende una doula poi la consiglia ad altre. Se più saranno le doule meno le mamme si sentiranno sole speriamo al più presto in un riconoscimento ufficiale della figura anche nel bel Paese!

Silvia Di Pietro

Image: 'Emily palpating Jiwon'
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Libriamoci a Bussero per amore della lettura

L’associazione Libriamoci non nasce come un’associazione femminile, ma il suo nucleo più impegnato e le partecipanti sono in larga maggioranza donne e molte delle attività che propongono hanno un taglio esplicitamente di genere. In questa pagina l’associazione racconta le molteplici iniziative, che hanno nell’amore per i libri e per la lettura il filo conduttore.

L’associazione nasce nel 2007 grazie alla passione di un gruppo di donne amanti dei libri.

Oltre alla Presidente, Segretaria e Tesoriera che formano il Consiglio Direttivo, oggi il nucleo centrale di Libriamoci conta circa 15 persone e si avvale sempre della collaborazione di molte altre che di volta in volta, e a seconda del tipo di iniziativa, offrono il loro contributo prezioso e volontario per la realizzazione dei progetti, legati al mondo del libro, della letteratura e della lettura.

Il gruppo ama I LIBRI, I RACCONTI, LE STORIE, LE POESIE; pensa alla LETTURA come DONO GRATUITO; ritiene che i libri aiutino a trovare il proprio percorso; confida nella lettura come alternativa alle proposte dei mezzi di comunicazione di massa.

L’appuntamento del Dopocena con un libro parte quasi subito: una piacevole chiacchierata tra amanti della lettura con la voglia di scambiare impressioni, emozioni o leggere ad alta voce alcuni estratti, seguendo un programma con una rosa di titoli definiti ad inizio anno. Gli incontri sono a cadenza grossomodo bimestrale e danno il benvenuto anche a chi non avesse letto il libro, ma intendesse passare una serata distesa e rilassata, anche solo ascoltando, e con tisane e dolcetti ad allietare il tutto.

L’attività di volontariato nelle scuole è anch’essa da subito caratteristica distintiva dell’Associazione che a tutt’oggi continua con entusiasmo a regalare storie ai bimbi e ai ragazzi sia del Nido Arcobaleno che delle due scuole dell’Infanzia e della primaria di Bussero. Le letture animate si svolgono generalmente in concomitanza con il Natale o con il Carnevale, ma possono inserirsi anche in contesti specifici o progetti particolari come la Settimana del Libro, ideata dalla scuola primaria, al fine di raccogliere fondi per finanziare l’acquisto di nuovi testi per arricchire la bella biblioteca della scuola.

Nel 2010, le componenti del gruppo hanno anche investito personalmente sull’attività di lettura auto-finanziandosi un Corso Voce, della durata di 1 anno, al fine di poter migliorare la qualità della letture offerte.

Il corso è sfociato in uno spettacolo dal titolo Voce e dintorni (C’era allora…c’era…c’era…) tenutosi a Bussero nel giugno 2011 e che ha replicato l’anno successivo, in un’occasione anche a Milano, e in forma ridotta è stato presentato alle classi II e III della scuola primaria di Bussero in occasione della Settimana del Libro (maggio 2012). Ideato dall’attrice vocalist Marzia Manoni, lo spettacolo prevedeva letture tratte dalle fiabe classiche, recitati e canzoni, con musiche realizzate ad hoc dai componenti del gruppo.

Sempre con l’ausilio di Marzia Manoni, docente del corso, alcune volontarie hanno inoltre proseguito il percorso iniziato, con un secondo laboratorio vocale, portando in scena, nel giugno 2012, i Poemas de Amor di Alfonsina Storni, poetessa del sentimento, dell’eros e della morte.

Credendo nel valore culturale della Biblioteca pubblica, laddove richiesto, Libriamoci collabora anche con la Commissione Biblioteca per realizzare le diverse idee che si susseguono rigogliose durante tutto l’anno: significativa è stata la partecipazione al successo dell’iniziativa R-Estate in biblioteca 2012, inaugurata dai volontari della biblioteca comunale durante le straordinarie aperture serali ( tutti i giovedì dalle 20 alle 23).

Sempre allo scopo di sviluppare iniziative culturali e promuovere la lettura sul territorio (Settimana del Libro, Conferenze, Concorsi letterari…), in collaborazione con l’Amministrazione comunale e le altre realtà del territorio (gruppi di teatro e non solo), ha preso forma, nel 2012, il progetto La penna ai busseresi per dare spazio e onore alla creatività dei busseresi (non ponendo nessun limite d’età alle produzioni letterarie); la lettura di tutti gli elaborati è avvenuta durante una serata appositamente dedicata all’interno di Bussero in festa (l’annuale appuntamento con la festa del paese). Visto il successo riscosso, l’Amministrazione comunale ha già pensato di far diventare l’appuntamento una tradizione nel panorama delle tante iniziative busseresi.

Da anni ormai, inoltre, Libriamoci collabora con piacere all’organizzazione delle conferenze tenute dal Dr. Domenico Barrilà, psicoterapeuta e psicanalista adleriano, autore di numerosi volumi legati alle tematiche dell’infanzia, dell’IO, della genitorialità e dei legami tra le persone.

Anche l’ormai consueto incontro dei cittadini con le iniziative del Marzo al femminile, voluto dal Circolo A. Barzago di Bussero, ha visto partecipe Libriamoci negli anni passati, sia a supporto dell’Associazione Spazio Solidale che in forma autonoma. Quest’anno Libriamoci ha voluto fortemente protagonista la donna, senza però calcare i temi consueti legati al mondo femminile, seppur affrontati negli anni precedenti, ma con un momento che rispecchiasse ed evidenziasse l’essere profondo, la creatività e la capacità delle donne di creare “sostanza” attraverso… il cibo: si è svolto così domenica 10 marzo 2013 il Pranzo conviviale, Cibo il linguaggio delle donne, che ha emozionato per la bellissima e numerosa partecipazione delle donne, anche straniere. Ogni donna ha portato una sua specialità, l’ha presentata, raccontandola al gruppo a modo suo (sia che si trattasse di una ricetta della tradizione di famiglia, di un piatto emotivamente forte, di una qualsiasi sollecitazione culinaria che esprimesse la personalità di chi l’aveva cucinata).

L’anno 2013 in corso, vede già in fase di attuazione diverse iniziative che coinvolgono, come di consueto, sia adulti che bambini.

Le iniziative affronteranno temi di comune sentire: l’acqua come bene di tutti, ad esempio, verrà trattata durante la giornata del Volontariato in maggio, perché la sensibilità va anche coltivata e curata.

Non mancheranno poi momenti di puro divertimento, con le letture in biblioteca per Halloween, più e più volte reclamate e richieste da bambini e genitori e riconosciute da tutti come un momento, quasi indispensabile, di vitale e gioiosa aggregazione.

Per concludere, l’anno si chiuderà con le letture animate natalizie nell’Auditorium della biblioteca e con la presenza dell’Associazione agli eventuali mercatini di Natale, in occasione dei quali, lo scorso anno, Libriamoci ha proposto l’idea di Regaliamoci un libro: uno scambio di libri usati impacchettati per grandi e piccini, con cioccolata finale e panettone, offerti dall’Amministrazione comunale.

Visto l’alto indice di gradimento dell’iniziativa non si esclude che possa essere ripetuta anche quest’anno.

Michela Virgili (Segretaria per Libriamoci) – Vedi la pagina facebook dell’Associazione Libriamoci

Softball a Cernusco con la Sharks Softball Team

Sharks, squali. Squale, anzi, visto che si tratta di una squadra femminile. Sharks Softball Team è il nome della squadra di softball di Cernusco sul Naviglio, che nasce nel 2008 per iniziativa delle allenatrici Valeria Rampoldi e Valentina Sironi, cui si aggiunge in seguito Marie Tourgot. Le coach sono determinate a sviluppare l’attività del softball a Cernusco con un’attenzione particolare verso le giovani.

Il nuovo campo di gioco, ottenuto grazie alla loro determinazione e all’impegno del Comune di Cernusco, è stato inaugurato il 17 marzo scorso. Qui le foto dell’inaugurazione. La questione del campo non è scontata. E’ difficile averne uno: non si può improvvisare, ha un costo e richiede continua manutenzione. Per averlo devi mettere insieme un piccolo movimento.

Con il passaparola e il volantinaggio Valeria & Co sono riuscite a formare una bella squadra. La Sharks Softball Team, che aderisce alla Federazione baseball e softball ed è attiva a livello agonistico, comprende infatti il minibaseball (misto, 6-10 anni), le cadette (13-15 anni), la serie B (16-60 anni).

Gli allenamenti si volgono due volte a settimana per due ore l’uno, le gare si tengono una volta a settimana (se piove non si gioca: il campo da softball è all’aperto). La squadra ha un blog con notizie e appuntamenti.

104_1060Il softball è molto simile al baseball (vedremo in un prossimo post in cosa ne differisce). Chi batte la palla con la mazza è della squadra avversaria a quella della lanciatrice. La prima è in attacco e la seconda è in difesa. Chi batte deve correre in base prima che la pallina arrivi in base (giocata dalla squadra in difesa), a meno che la palla non venga presa al volo (allora è out automatico).

A livello agonistico, il softball è uno sport solo femminile, mentre a livello amatoriale le squadre sono miste.

E’ uno sport che appassiona e diverte tante donne di ogni età. Chiediamo a Valeria Rampoldi cosa è richiesto alle atlete:

L’allenamento consiste in un riscaldamento, che comporta una preparazione atletica (corsa, scatti, stretching), e nella preparazione tecnica: tiro, presa e battuta. Tutti imparano tutto. Lanciatore e ricevitore (lanciatrice e ricevitrice) aggiungono una preparazione particolare.

Il softball è uno sport che tutte possono praticare. Richiede in particolare concentrazione e velocità.

E’ uno sport che richiede un corpo atletico e capacità di reazione: bisogna saper scattare con rapidità. E’ uno sport di squadra, ma quando la squadra è in attacco sei da sola contro tutti. E’ anche uno sport di strategia: ci vuole molto la testa, bisogna essere molto presenti.

Avvincente, emozionante, ma poco diffuso. Perché?

Le ragazze di oggi sono “principesse”, nel senso che pensano molto all’aspetto fisico ma sono poco attratte dallo sport. Molte vanno a fare pallavolo, perché la praticano già a scuola. Sul softball c’è poca visiblità. Facciamo fatica a trovare le ragazze.

L’aspirazione delle Sharks?

divertirci e fare del nostro meglio!

Eleonora Cirant

Crediti fotografie: Sharks Softball Team

Arteterapia bellezza e cura

artre2Ogni forma e colore sono giusti se c’è contatto con l’anima. Bellezza è corrispondenza alla propria necessità interiore. Beatrice Trentanove cita Kandinsky mentre racconta a cernuscodonna.it qual è senso della propria attività. Beatrice è arteterapeuta e promotrice dell’Associazione ArtTre di Monza, che organizza percorsi di arteterapia e laboratori espressivi e che da marzo a giugno propone il ciclo Creare e crearsi. Le tante vie per giungere a sé, con seminari e momenti esperienziali.

ArtTre è attiva sia nell’area del benessere che della prevenzione e cura del disagio, i due ambiti privilegiati dell’arteterapia.

Arteterapia e benessere

Nell’area del benessere, l’arteterapia è uno strumento di conoscenza di sé e del mondo interiore che può agire a livelli diversi. Aiuta ad esplorare la creatività, una dimensione fondante dell’essere umano che si può esprimere in tutto, anche ma non solo nella forma artistica. Il modo in cui creiamo è il modo in cui ci muoviamo nel mondo. La creatività è la possibilità di guardare il mondo con occhi nuovi.

L’arteterapeuta, spiega Beatrice, sollecita la persona a rimanere in contatto con il proprio sentire. La guida nella ricerca del materiale che più si adegua al proprio bisogno espressivo: tela e colori ma anche materiale di recupero e della natura.

Nella corrispondenza c’è armonia. Ecco perché chi si accosta all’arte-terapia è sempre qualcuno che ha bisogno di mettersi in ascolto di sé.

Ad ArtTre un corso può durare 4-5 incontri, e sono degli assaggi. Oppure può frequentare cicli più lunghi di 8-10 incontri. I gruppi sono formati da un minimo di 4-5 persone. I corsi ad ArtTre (come spesso accade) sono frequentati perlopiù da donne fra i 30 e i 60 anni, raramente uomini.

Questi percorsi, se pur brevi, lasciano il segno. Mai nessuna è venuta tanto per fare. Lasciano sempre tracce di riflessione. Possono sollecitare l’interesse verso il dialogo tra arte e mondo interiore. Come complemento della propria attività professionale, sono seguiti da educatrici e psicologhe.

Arteterapia e fine vita

Dicevamo anche dell’utilità dell’arteterapia nell’area del disagio. In questo caso l’arteterapeuta agisce nelle strutture (scuole, ospedali, servizi).

Beatrice ha lavorato per anni con persone all’ultimo tratto della loro vita, quando la malattia è incurabile ma la morte non è ancora sopraggiunta. E’ l’area di pertinenza delle cure palliative orientate ad alleviare e gestire il dolore fisico, emotivo e spirituale. Spiega Beatrice che

l’arte in questi casi è un momento di distrazione dalla vita ospedaliera, in cui non si pensa alla malattia. Può diventare un momento in cui la persona porta contenuti emotivi. Si entra in relazione di risposta creativa con la vita. Si può sollecitare la persona ad essere presente. Fare sì che vita e morte vadano insieme. Quando si avvicina la morte è ancora vita. E allora, che vita sia.

Il fine vita è un tratto di strada che spesso si svolge in un hospice: un ambiente più accogliente e familiare di quello  dell’ospedale. Beatrice opera oggi nella équipe multidisciplinare dell’hospice di Monza dopo aver fatto esperienza in altre strutture a Milano e Carate Brianza.

A volte agiamo attraverso il disegno e il dipinto, altre con la parola e il racconto. Ad esempio con persone anziane ho raccolto la loro testimonianza. Quando le persone hanno difficoltà motorie ho creato io per loro. Oppure si scelgono immagini insieme e attraverso la tecnica del collage costruiamo. Oppure usiamo la manipolazione dell’argilla.
I contenuti sono quelli dell’esistenza. Per qualcuno può essere la morte che si avvicina. E’ molto presente il rapporto con i famigliari. Se possibile si prendono in carico entrambi. Sono momenti che permettono alle persone di riavvicinarsi.

Arte e ricerca sul femminile

Madonna della PassioneAll’arterapia Beatrice intreccia un percorso artistico personale (iristerradiluna.it).

In particolare Beatrice è impegnata in una ricerca sul femminile, “non legata all’essere donna ma alla parte femminile dell’essere umano”. Una ricerca che Beatrice svolge anche conducendo gruppi di donne.

Le chiediamo come sia possibile definire il femminile fuori dal sistema di potere patriarcale che ha improntato la vita e le relazioni di donne e uomini per millenni e di cui ancora non abbiamo rimosso le fondamenta, agganciate nel profondo del nostro essere (maschi e femmine). Secondo Beatrice

la ricerca del femminile va al di là di un patrimonio culturale di eredità patriarcale. Con il femminile intendiamo il lato riflessivo, mentre il maschile è ciò che si rivela. Annick De Souzenelle, che ha reinterpretato la bibbia, ritraducendola, parla di “femminile dell’essere” “nel cuore del corpo la parola”.

Ass. arTre onlus è in Via Confalonieri 11/13  a Monza,  www.artre.org,  info@artre.org

 
Eleonora Cirant
Crediti immagini: ArtTre, Beatrice Trentanove