Jobs Act al femminile

Jobs Act al femminile

Il “lavoro delle donne” è il tema su cui è necessario soffermarsi per andare a capire in che misura e come le donne sono coinvolte nel sistema occupazione. 

La vera scommessa del governo Renzi, è la riforma del lavoro che dovrebbe essere presentata entro un paio di mesi con il nuovo Jobs Act con il quale il mercato del lavoro è destinato a cambiare e che vedrà sostanzialmente solo due forme di impiego: autonomo e dipendente.
Il lavoro dipendente, a sua volta, si suddividerà in tempo determinato e tempo indeterminato a tutele crescenti, con forti vantaggi fiscali per le aziende che assumeranno a tempo indeterminato,  che comunque potranno interrompere il rapporto di lavoro in qualsiasi momento pagando una penale proporzionale all’anzianità di servizio.

Ma questa flessibilità quali vantaggi e svantaggi  introduce nel mondo delle lavoratrici, visto che le donne insieme ai giovani, hanno sofferto di più in questi ultimi anni di crisi economica?

Gli ultimi dati Istat indicano che, con solo il 40% delle donne che lavorano, l’occupazione femminile in Italia è tra le più basse d’Europa. In Europa siamo avanti solo a Malta, e addirittura alcune regioni del Sud come la Campania hanno una componente di donne lavoratrici che supera di poco il 20% ed è paragonabile a quella di paesi del terzo mondo come lo Yemen o il Pakistan.

Il paradosso è che l’Italia guida però la classifica del vecchio continente per numero di donne imprenditriciche sono in totale ben 565.400 (di cui 367.895 artigiane), si tratta di ben il 16,4% delle donne occupate, rispetto alla media europea che si ferma al 10,3%.
Soprattutto quest’ultimo dato indica chiaramente che le donne vogliono lavorare ma non ci riescono, sia per le oggettive difficoltà di mercato, sia perché non sono in nessun modo aiutate dallo Stato per il ruolo genitoriale che ancora pesa maggiormente sulla donna, a differenza di quello che accade nei principali paesi europei dove per ogni figlio si ha diritto a un contributo che può raggiungere anche i 500 euro al mese.

Un aumento delle donne che lavorano non vorrebbe dire togliere occupazione agli uomini, ma darebbe un importante aiuto all’economia.

Secondo gli ultimi dati OCSE, se si raggiungesse l’obiettivo minimo del 60% di occupazione femminile consigliato dall’Unione Europea, il nostro PIL aumenterebbe del 12% con evidenti ricadute positive sulla ricchezza di tutto il paese. 

Una maggiore occupazione femminile è dimostrato sempre nei dati Ocse, che aumenterebbe anche le nascite, visto che  il maggiore impedimento ad allargare la famiglia sono proprie le condizioni economiche!

L’immagine in alto, è tratta dal film drammatico “Due giorni, una notte”  dei fratelli Dardenne, in programmazione a Milano dal 13 novembre.