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Non sono come lei

Manuela ha 43 anni, giunge allo Sportello Donna definendosi depressa. Lei si presenta così:

“Provo tristezza, vuoto, non ho progetti, mi manca l’iniziativa, continuo a piangere, mi sento sola”.

Questo stato dura da circa un anno. Racconta di un cambio netto, di una ‘rivoluzione copernicana’ che la trasforma da una donna trucco e tacchi a spillo, attenta alle apparenze, all’immagine estetica, in una donna acqua e sapone e scarpe basse, che vorrebbe fare del volontariato.
Nel primo incontro riferisce sofferenza e rabbia per la fine della relazione con Federico, il suo ex compagno che da pochi mesi si è ricostruito una vita senza di lei, ma immediatamente ridimensiona il suo problema: “Federico non è una ferita aperta, è solo una cicatrice che prude”.

Alla domanda di quale sia allora la ferita aperta, Manuela risponde: “il rapporto con mia madre, sono arrabbiata con lei e le ho detto che sono stanca di prendermi cura di lei, le ho detto di arrangiarsi e  che non la voglio vedere, se no la massacro.”

Manuela descrive la madre come una donna che non teneva alle apparenze “diceva sempre quando sei pulita stai sempre bene”, una mamma sempre nervosa, poco presente per i figli e che litigava sempre con il marito.
Nel corso degli incontri si ipotizza insieme a lei, come Manuela abbia perseguito per tempo l’ideale di avere una vita migliore di sua madre, ecco che allora si concentra per molto tempo sulle apparenze e sull’assunzione di posizioni di prestigio nelle relazioni sociali e nell’ambito lavorativo sia per colmare il vuoto affettivo, sia impegnandosi per diventare una donna diversa da sua madre.
A lungo andare però il “trucco non tiene”. Compare l’insoddisfazione nei rapporti umani, il senso di  solitudine, … È come se la sua idea di essere meglio di sua madre a poco a poco crolli e adesso si trovi ad essere quasi peggio di sua madre, senza una famiglia, sola, ormai il suo ideale è logoro.

Talvolta il timore di riprodurre una vita simile a quella dei proprio genitori e per le donne nello specifico delle proprie madri, incastra, impedisce di vivere realmente come si vorrebbe.

Si agisce solo per differenziarsi dall’altro (in questo caso dalla madre) con il pericolo di non entrare mai in contatto con se stessi, con i propri bisogni, con i propri desideri, non si sceglie perché si vuole quella cosa, ma perché si è certi non volerne un’altra. Si rischia così di condurre una vita, vissuta da ‘un estraneo’ rispetto a se stessi.
La crisi di Manuela è stata salvifica, una volta esplicitato l’ideale che perseguiva, ha potuto liberarsene e scoprire finalmente chi fosse Manuela!
Dr.ssa Chiara Bertonati, psicologa Sportello donna Cernusco s/N.
 

Image: 'You? Im out!'
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