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Volevo sapere di più

Nel racconto di Carla Lucca, rappresentante della Libera Università delle donne di Cernusco, si intrecciano tante storie: quella personale, quella di un’associazione, quella di una generazione. E’ la storia di un amore disinteressato per lo studio e di un modo di vivere le relazioni fra donne che ha contribuito a trasformare la società italiana.

Si incontrano in biblioteca tutti i giovedì mattina da più di vent’anni. Leggono e discutono insieme a partire da libri classici e di attualità, in un impegno di formazione continua e di costruzione di rapporti di amicizia e reciprocità. Spesso hanno figli già grandi, genitori anziani e nipoti che chiedono attenzione e cura. Hanno lavorato o lavorano come insegnanti, operaie, artigiane, casalinghe, impiegate.

Sono le donne che partecipano alle attività dell’associazione Libera Università delle donne a Cernusco. Una bella storia, che abbiamo chiesto a Carla Lucca di raccontarci. Carla è una delle fondatrici e rappresentante dell’associazione. Dice:

Abbiamo cominciato nel 1980 col frequentare i corsi monografici della Regione Lombardia, i corsi “delle 150 ore”, organizzati per chi non aveva il diploma di terza media. Per qualche anno la Regione ha finanziato e noi donne eravamo entusiaste perché si leggeva, si discuteva per far nascere la legge che istituiva i consultori, di salute delle donne, per una maternità consapevole e per la prevenzione, cioè la legge 194, per gli asili nido. Discutendo della legge 180 abbiamo preso coscienza di come erano strutturati i manicomi e abbiamo letto i libri di Basaglia e di Phillis Chesler (“Le donne e la follia”).

Quando la Regione sospende i finanziamenti, sono 80 circa le donne che nel frattempo hanno formato un bel gruppo affiatato e ci hanno preso gusto con questa faccenda del leggere, incontrarsi, discutere, studiare. Così decidono di aprire un’associazione: la Libera Università delle donne è fondata a Milano nel 1987. Nel 1988 Carla e altre decidono di dare vita a una sede della LUD a Cernusco:

Per i primi due anni ci siamo incontrate nel Consultorio ASL (che nel frattempo era sorto con tante manifestazioni delle donne), dove facevo parte del comitato di gestione. Poi ci è stato detto che non potevano più darci lo spazio. Ho chiesto all’assessora se potevamo avere uno spazio nella biblioteca e con grande sorpresa mi sono sentita dire SI. Era il 1990 e da allora ci troviamo da settembre a maggio ogni giovedì mattina. Vengono tra le 20 e le 25 donne, secondo gli impegni. C’è chi si avvicina una prima volta, atre che sospendono qualche anno perché sono diventate nonne o hanno i genitori anziani, ma poi tornano perché si tengono sempre informate. Vengono anche donne più giovani, ma quando trovano da lavorare poi sospendono.

Ogni anno, prima dell’estate, il gruppo individua un tema intorno a cui si articolano gli incontri che si svolgeranno da settembre a maggio. Sulla base del tema scelto invitano le “coordinatrici”, donne che hanno studiato l’argomento, ne hanno scritto o in qualche altro modo hanno sviluppato delle riflessioni. Durante gli incontri si discute a partire dalle letture suggerite dalle coordinatrici, “ognuna con la sua storia e per come la capisce”, dice Carla:

Abbiamo capito che i libri classici non sono poi così difficili da leggere e commentare. Così i saggi di attualità. A volte usiamo anche spezzoni di film come base per la discussione. Da tre anni ci siamo avvicinate alla poesia, all’inizio eravamo titubanti ma ci siamo dovute ricredere perché la nostra coordinatrice è riuscita a coinvolgerci ed emozionarci.

Giovedì dopo giovedì intessono una forma di conoscenza che unisce al piacere intellettuale il piacere della relazione. Come racconta Carla:

Tra noi rimane una bella amicizia, oltre all’amore per la lettura, per le discussioni, per le emozioni che proviamo. Ci sono alcune donne che vengono da Milano, da Cassina de’ Pecchi, da Bussero, da Segrate. Quando si assentano è solo per motivi familiari, e se mancano si informano su come è andato l’incontro.

Ora vorrei sapere di più della vita di Carla. Sono incuriosita dalla sua vicenda personale, dai suoi intrecci con quella di una generazione. La sua storia è anche parte della mia di donna più giovane, ha contribuito a costruirla, tra continuità e discontinuità. Perciò chiedo a Carla che cosa l’abbia spinta, trent’anni fa, ad avvicinarsi ai corsi delle 150 ore.

Mi aveva spinta il voler sapere di più. Io la mia battaglia non l’ho fatta in piazza, l’ho fatta in casa. Mi sono formata con il giornale Noi donne, ho cominciato a leggerlo a 16 anni, perché mia madre lo prendeva. Mio padre era stato segretario della Camera del lavoro del paese. Mio nonno è stata una fonte di sapere immensa. Il nonno era un “figlio della ruota”, sua mamma andava a servizio da quando aveva 10 anni ed era stata violentata dal padrone di casa. E’ stato adottato, e quando è cresciuto è andato a cercarla. Aveva 36 anni quando l’ha conosciuta. Lei aveva tenuto il segreto con tutti, perfino con quello che poi diventò suo marito e padre degli altri suoi figli. Il nonno si riteneva, nella sfortuna, fortunato. Perché le suore gli hanno voluto bene e gli hanno insegnato a leggere e scrivere. Scriveva tutti giorni su un diario.

Carla è nata in Germania, dove suo padre era stato mandato a lavorare perché non arruolabile. Era il 1943, l’Italia aveva appena annunciato la rottura dell’alleanza con la Germania. Lei e la sua famiglia si salvarono grazie al fatto che il tedesco presso cui il padre lavorava li fece fuggire e rientrare clandestinamente in Italia, dove si stabilirono in un piccolo paese tra Mantova e Ferrara, Borgofranco sul Po’ (non lontano dalla zona colpita dal recente terremoto). E’ il 1960 quando la sua famiglia si trasferisce a Cernusco sul Naviglio.

Sono arrivata a Cernusco che avevo 17 anni. Ambientarsi è stata dura. Coi suoi diecimila abitanti, Cernusco era una città. Ero considerata straniera. Uno dei primi commenti quando sono entrata in un negozio: “tel chi un’altra che l’è vegnuda a tor al pan ai nostri fieu”. Ecco qua un’altra che arriva per togliere il pane ai nostri figli. Vi ricorda qualcosa? Quando sono andata a Milano la prima volta per fare i documenti all’anagrafe, il conducente del tram mi chiese: “sei straniera?”

Dai 10 ai 15 anni Carla era andata a scuola per diventare magliaia e poi per due anni aveva lavorato in casa. Quando arriva a Cernusco, a 17 anni, ha già un mestiere, è “una magliaia finita”. Si mette in cerca di lavoro, e lo trova senza difficoltà:

Ho cercato lavoro a Monza, dove sapevo che c’erano dei maglifici. Appena scesa dal treno, in stazione, ho incontrato alcune operaie che lavoravano proprio nella fabbrica di fronte. Ho trovato subito lavoro. All’inizio è stata dura. Dopo i primi anni è iniziato il periodo degli scioperi per le 8 ore, i turni di riposo, eccetera. Da noi operaie arrivate per ultime si aspettavano che non facessimo sciopero per paura di perdere il posto. Invece… figurati, con un padre sindacalista, se non lo facevo. Avevo un’ora di pulmann per andare e una per tornare. In quel tempo leggevo. Non vedevo l’ora! E’ stato un bel periodo.

Dopo 5 anni Carla si sposa e si licenzia dalla fabbrica. Compra una macchina di maglieria e la sistema in una stanza della casa.

All’inizio mi sembrava bello perché mi gestivo da sola, poi mi sono accorta che mi ero fregata da sola perché alla fin fine lavoravo più di prima, più delle 8 ore della fabbrica. E in più mi mancava la compagnia. I figli abbiamo aspettato tre anni prima di farli, perché volevamo vedere come stavamo insieme. Mia madre si oppose in tutti i modi al mio matrimonio, perché mi voleva tutta per sé. Ho provato a tornare a lavorare in fabbrica, ma poi ho lasciato. Mia madre, che nel frattempo era rimasta vedova ed era venuta a vivere da me, mi faceva venire i sensi di colpa e invece di aiutarmi coi bambini me li metteva contro. Diceva che andavo a lavorare perché non ci volevo più bene. E quando tornavo a casa li trovavo arrabbiati con me.

I bambini non sono più piccoli quando a Carla, con un passaparola, arriva notizia dei corsi delle 150 ore. Decide di frequentarli, ma in segreto:

Per 3 anni non ho detto a mio marito che ci andavo, perché avevo paura che mi dicesse che era inutile. Lui ancora adesso mi dice che passo troppo tempo a leggere.

Poi la forza del gruppo e della parola scambiata tra donne ha la meglio sui timori. Carla impara a non nascondere né censurare la sua passione per lo studio e per la lettura, che diventa anche bisogno di partecipazione e impegno per costuire e gestire luoghi di socialità. Da allora, non ha mai smesso.

Eleonora Cirant

Il gruppo della Libera Università delle donne di Cernusco durante il corso sull’Iliade (2011)