Alda Merini poeta e profeta

Alda Merini poeta e profeta

Lucia Brambilla e Beatrice Galbiati, del gruppo della Libera università delle donne di Cernusco, ci hanno già raccontato dell’emozione dell’incontro con la poetessa Emily Dikinson. Qui raccontano di Alda Merini.

In un successivo incontro Nicoletta Bonapace ci ha fatto conoscere Alda Merini, poetessa milanese del nostro tempo.

Per renderci più intensa tale conoscenza, ha invitato fra noi Luisella Veroli, archeologa dell’immaginario, amica e biografa di Alda Merini.
Quella che ci ha raccontato Luisella, è una storia di amicizia nata da un rapporto sincero, profondo, vivo, sofferto, tra la maestra di poesia e la sua biografa, tra la poetessa candidata all’Oscar e l’amica che le dà voce per farle raccontare senza filtri, da donna a donna, la sua vita.
Alda Merini ha trascorso parte della sua esistenza negli Ospedali psichiatrici, ma con grande energia, intelligenza, umanità e soprattutto ironia, sapeva trasformare gli incubi della malattia (le voci, i personaggi della follia) in personaggi letterari, in poesia.
Le poesie le sgorgavano come perle, spontaneamente, e dovevano circolare con flusso continuo, così come erano venute.
Lei è poeta- profeta: la vita e la poesia in lei coincidono.
Per Alda Merini la vita, come la poesia, è un mistero alchemico: lo trasforma in oro e lo canta.
Con i suoi versi voleva “cantare l’animalità dell’anima” e il suo primo insegnamento era quello di ascoltare il nostro corpo sessuato, potenzialmente materno ed erotico, per illuminarlo, per riuscire a descrivere “con le ali dell’angelo quello che sentiamo nel grembo come donne e come madri”:

“Se tutto un infinito / ha potuto raccogliersi in un corpo /
come da un corpo / disprigionare non si può l’Immenso?”

 
Diceva alla Veroli:

“Dobbiamo parlare a cuore aperto dei dolori di chi è stato recluso e dello scandalo di bellezza che è la vita”

e che bisogna superare l’ostacolo della materialità della vita per accedere al divino.
Estraeva dalla materialità dolente (anche dalle persone) il meglio.

“Sgravare la materia per trovare lo spirito è il compito del poeta: farsi male alle mani, al cuore, porsi una infinità di domande e poi buttarle via, fumare per rendere piacevole il transito verso la morte…”

E ancora:
 

Le più belle poesie
si scrivono sopra le pietre
con i ginocchi piagati
e le menti aguzzate dal mistero”

 
Oppure:
 

Un tempo nel manicomio
ho sofferto la libertà infelice
di chi è rinchiuso nel vento
dentro i recinti
di una impossibile corsa.
Poi è venuta la vita:
una lacrima che nessuno asciuga,
un velo di presenza
e così io sto muta
parlo solo nei versi.
E mi aggroviglio
nella mia medesima forza
cercando di rimanere eterna.

 
Assistere allo spettacolo teatrale tratto dal libro “Alda Merini – ridevamo come matte” di Luisella Veroli, è stato per noi un momento ulteriore di intensità e partecipazione emotiva.
Esso ha mostrato come la sincerità destabilizzante della poesia possa essere un ingrediente indispensabile per la vita.
Lucia Brambilla e Beatrice Galbiati
 

Image: 'flowing rock'
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