Posso dare a mio figlio solo il mio cognome?

Posso dare a mio figlio solo il mio cognome?

L’Unione Europea condanna l’Italia perché “dare ai figli il cognome della madre è un diritto”.
I genitori devono avere il diritto di dare ai figli anche solo il cognome materno. È questa la decisione della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che ha condannato l’Italia per aver violato i diritti di una coppia di coniugi che volevano dare alla figlia il cognome della madre invece di quello del padre.
Nella sentenza, che è diventata definitiva in aprile 2014, i giudici fanno presente al nostro Paese il dovere di “adottare riforme legislative o di altra natura” per rimediare alla violazione riscontrata.

A fare ricorso alla Corte di Strasburgo è stata una famiglia milanese, alla quale lo Stato italiano ha impedito di registrare all’anagrafe la figlia Maddalena, nata nel 1999, con il cognome materno anziché quello paterno.
Durante i vari gradi di giudizio sono nati altri due figli, un’altra femmina e un maschio.
Tutti e tre, attualmente hanno anche il cognome della donna, in base a un’autorizzazione concessa per via amministrativa. “Si TRATTA DI UNA SPECIE DI CORTESIA CHE VIENE FATTA – dice la madre – Non è la stessa cosa del poter scegliere di usare il cognome materno”.
La coppia, che sin da allora si è battuta per vedersi riconosciuto questo diritto, ha vinto oggi a Strasburgo. I giudici della Corte hanno infatti condannato l’Italia per avere violato il diritto di non discriminazione tra i coniugi in congiunzione con quello al rispetto della vita familiare e privata.

In particolare, i giudici sostengono che “se la regola che stabilisce che ai figli legittimi sia attribuito il cognome del padre può rivelarsi necessaria nella pratica, e non è necessariamente una violazione della convenzione europea dei diritti umani, l’inesistenza di una deroga a questa regola nel momento dell’iscrizione all’anagrafe di un nuovo nato è eccessivamente rigida e discriminatoria verso le donne”.
Nella sentenza i giudici sottolineano anche che la possibilità introdotta nel 2000 di aggiungere al nome paterno quello materno non è sufficiente a garantire l’eguaglianza tra i coniugi e che quindi le autorità italiane dovranno cambiare la legge o le pratiche interne per mettere fine alla violazione riscontrata.