Sono colta, preparata e arrabbiata

Sono colta, preparata e arrabbiata

Buongiorno, qualcuna di voi mi saprebbe spiegare perché mai le “femmine” mediamente eccellono rispetto ai colleghi maschi in tutti, o quasi, i percorsi scolastici, dalle elementari ai licei o istituti tecnici che siano, fino alle università, eccetera eccetera, e poi, …magicamente!, quando si tratta di passare al mondo del lavoro questa eccellenza, chissà come mai mi domando…, cessa di esistere?!?
Domanda retorica, si risponderà! Infatti, la vera domanda non è “perché mai” ma piuttosto: perché deve essere ancora e sempre così? Che cosa manca a noi donne per ottenere questo legittimissimo riconoscimento?
Sono arrabbiata, e molto, nella vita ho studiato e faticato tanto, tantissimo per ottenere sempre ottime prestazioni e grandi riconoscimenti, e tutto questo… per che cosa?
Per ritrovarmi oggi, a 29 anni, laureata ormai da più di cinque anni, senza un lavoro fisso e con accanto un compagno che, chissà come mai (stessa formazione, stesso iter lavorativo…), si ritrova con un contratto a tempo indeterminato e un compenso magari non elevatissimo ma che di questi tempi è una specie di lusso. Mi si dirà che saranno altri i fattori, caratteriali o contingenti, chissà, io invece mi faccio sempre più convinta che il fattore “genere” sia nel fondo quello determinante.
Sono curiosa di conoscere la vostra opinione.
Ringraziandovi sin da ora per un riscontro, cordiali saluti
Bianca

Cara Bianca, ti risponderò facendo innanzitutto riferimento a uno stralcio tratto dalla sintesi del Rapporto annuale Istat 2011, con alcuni dati particolarmente significativi in merito a ciò che ci scrivi:

“La crisi ha ampliato i divari tra l’Italia e l’Unione europea nella partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Il tasso di occupazione delle donne italiane, già inferiore alla media europea tra quelle senza figli, è ancora più contenuto per le madri, segno che i percorsi lavorativi delle donne, soprattutto quelli delle giovani generazioni, sono segnati dalla difficoltà di conciliare l’attività lavorativa con l’impegno familiare. Non a caso più di un quinto delle donne con meno di 65 anni occupate, o che sono state tali in passato, dichiara di aver interrotto l’attività lavorativa nel corso della vita a seguito del matrimonio, di una gravidanza o per altri motivi familiari, contro appena il 2,9 per cento degli uomini. Per le donne che hanno avuto figli la quota sale al 30 per cento; nella metà dei casi la causa dell’interruzione è proprio la nascita di un figlio.”

Mi dirai: “io non parlo di figli e di maternità”, e può benissimo essere che né tu né il tuo compagno abbiate intenzione di avere figli, nulla di anomalo, ma devi sapere – e qui sta il punto di contatto tra questo stralcio e la tua mail – che una donna è, volente o nolente, una “madre potenziale”, e questo già di per sé costituisce un fattore discriminatorio. Nei colloqui, di questo, si tiene conto eccome!
Cioè a dire: la tua convinzione relativamente al fattore “genere” è tutt’altro che infondata, anzi, a guardare le statistiche – anche con sguardo rapido e superficiale – non vi è alcuna ombra di dubbio quanto a questo.
Figurati che a tutt’oggi esiste una legge che tutela la donna a partire dalla data di matrimonio, impedendo al datore di lavoro di licenziare la dipendente per tutto l’arco dell’anno a seguire tale data. Ma questo, lungi dall’essere un privilegio, è un chiaro sintomo di come ancora oggi si ragioni: un matrimonio può voler dire figli/e imminenti, e, se non ci fosse questa legge, anche solo questa remota “possibilità” indurrebbe tanti datori di lavoro a procedere con licenziamenti (così di fatto avveniva in passato, altrimenti la legge non avrebbe visto luce).
Lo scenario dunque è fosco, anche se tante lotte sono state fatte e si fanno ancora oggi, così come tanti risultati – almeno sulla carta – sono stati ottenuti: non bisogna demordere.
Avere già questa consapevolezza, di far parte di una ampia e millenaria “problematica” di tipo sociale e culturale, dovrebbe aiutarci a proporci con maggiore convinzione sapendo che il disvalore che eventualmente ci viene “proiettato addosso” (con il mancato riconoscimento professionale, e altro) fa parte di un preciso terreno socioculturale, che ci riguarda tutte e tutti, uomini e donne.
Sperando di averti offerto spunti utili, ti auguro di ottenere presto tutto ciò che di certo ti meriti di raggiungere!
Un caro saluto,
Susanna Fresko
 

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Image: 'Kids Giving you problems? Hire an Elephant' 
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