Maternity blues: quando una madre uccide.

Maternity Blues, tratto dal dramma teatrale “From Medea” di Grazia Verasani è un film italiano del 2011 diretto da Fabrizio Cattani e distribuito in Italia dopo essere stato presentato in anteprima alla 68ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Non conoscevo questo film prima di essere invitata ad un incontro da parte dei ragazzi dell’Associazione In-formazione, una associazione studentesca nata all’interno del corso di Servizio sociale dell’Università Milano Bicocca, per discutere appunto di Maternity blues.

Maternity blues in breve

Il film racconta la storia incrociata di quattro donne diverse tra loro, ma legate da una colpa comune: l’infanticidio. Clara, la protagonista, è una giovane donna che come estrema conseguenza di una depressione post-partum ha annegato i suoi due figli. Ricoverata in un ospedale psichiatrico, entra in contatto con una comunità di donne-Medee che hanno tutte affrontato il gesto estremo dell’infanticidio. In modo particolare, stringe rapporti con le tre compagne di stanza Eloisa, Rina e Vincenza, ognuna dotata di un carattere estremamente diverso e di una complessa fragilità. Mentre la vita nell’istituto procede fra sedute di terapia di gruppo, piccole crisi e felici momenti di festa, al di fuori Luigi, il marito di Clara cerca lentamente di ricostruirsi un’esistenza serena pur rendendosi conto di non riuscire a smettere di amare la donna che gli ha dato e poi portato via i suoi figli.
Quello della madre assassina è un tema che, pur nato nella classicità, non ha mai smesso di inquietare la nostra morale e in modo particolare la nostra cultura, per la quale l’istinto materno è ancora conditio sine qua non della femminilità.
Un film duro, che non fa sconti e che colpisce alla pancia affrontando con sensibilità un tema “faticoso”. Mi è piaciuta la scelta del non giudizio nei confronti delle protagoniste, ma neppure di una giustificazione e, tanto meno, di assoluzione. Vediamo semplicemente la fotografia delle loro vite, raccontate dal luogo dove stanno scontando la loro pena, l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario, e contemporaneamente cercando di «curarsi» con il supporto di psichiatri.
E’ interessante sottolineare come le donne vivano “sospese” in un limbo dalle pareti sottili che le separa, ma al tempo stesso le protegge dal mondo reale. Un limbo difficile da varcare anche per via di quei pregiudizi e quella superficialità a cui i media e la società ci hanno abituato.
Per chi non ne avesse mai sentito parlare, la Maternity blues depressione post-partum – rappresenta la più comune delle sindromi del puerperio e la sua frequenza é particolarmente elevata (dal 25 all’85% di tutte le donne che hanno partorito e sperimentano una certa instabilità emotiva nelle prime settimane dopo il parto). Sostanzialmente è una sindrome legata alle brusche variazioni ormonali che avvengono qualche giorno dopo il parto e tende ad autolimitarsi per poi scomparire definitivamente nel giro di pochi giorni, ma non sempre è così.

Come riconoscere i sintomi della Maternity Blues?

Sbalzi di umore, umore labile con facile tendenza al pianto, tristezza, ansia, mancanza di concentrazione e sensazione di dipendenza sono solo alcuni dei segnali che potrebbero condurre la neo mamma verso una depressione post- partum. La Maternity blues infatti è provocata da molti più fattori: importanti sono i rapidi cambiamenti ormonali con la caduta dei livelli di estrogeni e di progesterone che avvengono subito dopo il parto, lo stress psico-fisico legato al momento del travaglio e del parto, le possibili complicanze fisiche del post-partum, come i postumi del taglio cesareo che limitano l’autonomia della madre, la fatica fisica, l’ansia legata all’aumento delle responsabilità, l’insorgenza di imprevisti o contrasti con i familiari, i parenti.
In questa situazione è molto importante poter condividere le esperienze provate con altre mamme e poter pianificare una buona divisione dei compiti con il compagno o i familiari stretti.

Si può curare la Maternity blues?

Data la sua transitorietà non rende necessari interventi medici e psichiatrici specifici o particolarmente strutturati. La maggior parte delle volte informazione, rassicurazione e supporto dei familiari sono sufficienti. Infatti sebbene la sintomatologia possa essere dolorosa, tipicamente non si riflette sulle capacità della mamma di prendersi cura di sé e del proprio bambino.
E’ importante fornire indicazioni alle dimissioni dal parto circa l’assetto di vita possibilmente da promuovere nei primi mesi dopo il parto in modo particolare per quelle neomamme che hanno già nella loro storia dei fattori di rischio per una depressione post-partum quali un sonno adeguato per quantità e qualità, l’eliminazione di caffeina, nicotina ed altro, la riduzione degli stress psicosociali e l’indicazioni di tecniche di rilassamento del corpo.

Dato che le neomamme vengono generalmente dimesse dall’ospedale pochi giorni dopo il parto, dovrebbero tuttavia essere informate di questa condizione prima della dimissione ed è altresì importante riconoscere la maternity blues perché il 20% delle mamme che ne soffrono svilupperà in seguito una depressione puerperale.

Nonostante le generalizzazioni di sintomi e probabili cure,ogni donna lo sappiamo bene è un mondo a sé e per questo è importante imparare a conoscersi e sapere quando si è troppo vicini al limite per provare a tornare indietro. A questo punto è fondamentale il ruolo della famiglia e in prima linea del compagno di vita che non può e non deve considerare il figlio appena nato un onere e onore solo della madre, ma deve impegnarsi al suo fianco ogni giorno per condividere le tante gioie ma anche le paure e le “ombre”.
Concludo con una frase del film che vuole portarci a riflettere, donne e uomini senza distinzione:

“ Cos’è una madre? Una che non può fallire mai? Quando è nato mio figlio mi dicevano che l’istinto materno verrà naturale appena lo terrò tra le mie braccia, che sono tutte uguali le donne ma non è andata così. Non incolpo nessuno per quello che ho fatto, a parte me.”

 

Premio immagini amiche

Il 1 marzo 2013 si svolge l’evento collegato alla terza edizione del Premio immagini amiche, un concorso finalizzato a valorizzare una comunicazione che, al di là degli stereotipi, sia in grado di veicolare messaggi positivi e socialmente responsabili.

Il premio è promosso dall’Udi per contrastare la tendenza della pubblicità e dei media italiani ad abusare dell’immagine delle donne, svilendone il ruolo, affermando che una cultura diversa è possibile, incoraggiando la crescita di una nuova generazione di creative/i.

Fin dalla prima edizione, il premio è stato sostenuto dall’Ufficio del Parlamento Europeo per l’Italia, nella cui sede si tengono le iniziative relative al Premio Immagini Amiche.

Il progetto, promosso dall’UDI e dal Parlamento Europeo, che si svolge sotto l’Alto patronato del presidente della Repubblica, in partenariato con la Commissione europea, il Ministero dell’Istruzione e della Ricerca e quello delle Attività Produttive, è giunto quest’anno alla sua terza edizione.

Il premio è suddiviso in cinque sezioni:

  • pubblicità televisiva,
  • pubblicità stampata,
  • affissioni,
  • programmi televisivi
  • web.

Enel, Geox e Continental per pubblicità televisiva; Leroy Merlin, Coop e Femminile reale per le affissioni; TG2, Otto e Mezzo con Lilli Gruber e Invasioni Barbariche con Daria Bignardi per la televisione; il blog di Annamaria testa Nuovo e utile, il documentario A casa non si torna e il calendario “Donne italiane”, della Photopolis per il web; Milano, Enna e Reggio Emila come città virtuose sono i finalisti della terza edizione decretati da una giuria composta da esponenti delle istituzioni italiane ed europee, esperte/i di comunicazione, docenti universitarie, etc.

Il premio prevede anche una menzione speciale per un Comune che possa vantare un comportamento virtuoso in tal senso, specialmente tra i tanti che hanno deliberato adottando la risoluzione del Parlamento Europeo e deliberato.

Scarica il programma Premio immagini amiche

Sing for your rights

SING FOR YOUR RIGHTS è il video realizzato nel 2012 da un gruppo di studenti e studentesse del liceo linguistico dell’ITSOS “M.Curie”, con finanziamente del Fondo provinciale milanese per la cooperazione internazionale nell’ambito del progetto Center for MDGs – Obiettivo del Millennio: 3 – Promuovere l’uguaglianza fra uomo e donna**

Il video:

Gli e le studenti scrivono:

Abbiamo aderito al progetto con l’entusiasmo del cuore, scegliendo senza  neppure bisogno di discussione di occuparci del terzo obiettivo: eliminare  le disparità di genere, in particolare nell’accesso all’istruzione  primaria.

Abbiamo poi molto lavorato e nutrito la testa e il cuore con  letture di romanzi e saggi, visione di film e documentari, navigazioni nella rete, discussioni e giochi didattici.

Abbiamo ascoltato relazioni di  compagni (in particolare quella sul velo islamico di Adile Caliskan e Faiza  Fayyaz), abbiamo fatto interviste in Inghilterra durante il nostro viaggio  studio e all’assessora alle Politiche sociali con delega alle Pari  Opportunità del Comune di Cernusco sul naviglio, Rita Zecchini.

Abbiamo  ascoltato la lezione del Prof. Marco Capovilla, fotoreporter e docente di  fotogiornalismo presso lo IULM sugli stereotipi femminili attraverso  l’analisi delle immagini proposte dai media.

Abbiamo contemporaneamente cercato di capire quale sia la situazione nei vari paesi del mondo su questa  importante questione ed abbiamo trovato elementi di disparità differenti nelle diverse aree geografiche.

Così mentre aumentavano le nostre conoscenze siamo riusciti anche a definire i nostri desideri e progetti di  vita e il video è il risultato di queste riflessioni.

“Sing for your rights” è quindi per noi immaginazione e progetto: a partire da una situazione di  incontro semplice e quotidiana a scuola con due studentesse inglesi che  rappresentano la vocazione del nostro indirizzo di studi al confronto e al dialogo interculturale, il potere evocativo del disegno dei simboli del  femminile e del maschile che si intrecciano ci trasporta in un buio ring da freestyle, dove si fronteggiano Eleonora e Cosimo, che rappresentano il  nostro desiderio di non aderire ad immagini di genere stereotipate e da  altri preconfezionate, il nostro progetto di disegnare il mondo, facendo  sentire le nostre voci.

**Center for MDGs coinvolge l’Italia (Umbria e Provincia di Milano), la Spagna (Andalusia), la Bulgaria, il Mozambico e numerosi attori dei territori interessati, con lo scopo di costruire una rete finalizzata a mobilitare un maggiore sostegno pubblico e partecipazione della società alle strategie e alle azioni concrete locali/globali di lotta alla povertà e per lo sviluppo umano sostenibile.