Per la fisica la fine di tutto sarà quando l’ultima scintilla di energia si sarà spenta, nel progressivo raffreddarsi dell’universo. Nel frattempo nulla finisce, ma ogni cosa si trasmuta e cambia.
Per la fisica niente è slegato. La teoria, ormai famosa, del caos, ci parla dell’effetto farfalla, dove il battito d’ala di una farfalla in una foresta dell’Oriente, crea delle perturbazioni nell’aria che prendono forza nel loro divenire fino a creare un tornado a New York. A parte le maledizioni dell’abitante di Manhattan, ciò significa che ogni previsione dei fenomeni si deteriora, errori e incertezze si moltiplicano diffondendosi a cascata.
Tutto ciò non ricorda le nostre vite? Su questo si basa l’ultimo, a nostro parere, bellissimo libro della scrittrice inglese Penelope Lively dal titolo E’ iniziata così. L’operazione è esplicita e scoperta, anzi spesso commentata. Il caso fa succedere una piccola cosa a una persona e questo porta dei piccoli cambiamenti nella vita di chi è vicino a quella persona, che nel tempo portano alla crisi (disordine e cambiamento) di molte vite.
Solitamente le operazioni di tale tipo, le opere ‘a tema’ risultano fredde, costruite. Non è il caso di questo romanzo, dove la Lively riesce a costruire un quadro corale dove sette vite vengono trasformate da un piccolo causale evento, lo scippo subito da un’anziana signora da parte di un anonimo adolescente. Se da subito noi perdiamo le tracce dell’anonima causa di tutto, piano piano scopriamo come il fatto, come un’onda sull’acqua, colpisce le persone attorno a Charlotte e poi le persone vicine a queste ultime, crea cambiamenti, fa maturare decisioni, fa finire relazioni, fa nascere amori, scompiglia e ne mette in dubbio la quotidianità.
Un’altra bellezza di queste pagine, per noi malati di libri, è il ruolo che la lettura può avere nella vita della gente: accompagnare una vita, dare dignità sociale ed economica, avvicinare culture diverse, arricchire un rapporto intimo, ecc.
“Da sempre leggere per lei è stato essenziale, necessario, il suo sistema di supporto. La sua vita è stata plasmata dalla lettura. Ha letto non solo per distrarsi, per cercare conforto, per passare il tempo, ma ha letto in uno stato d’innocenza primordiale, in cerca di rivelazioni, di insegnamenti persino…ha letto per capire se per gli altri la realtà era la stessa che era per lei; quindi, scoprendo che spesso non lo era, ha letto per capire quali esperienze altrui si stava perdendo.
Lesse per scoprire come non essere Charlotte, come fuggire dalla prigione della sua mente, come espandersi e sperimentare. E così la lettura si è intrecciata con la vita, l’una il complemento dell’altra.
Charlotte è il prodotto tanto di ciò che ha letto quanto del modo in cui ha vissuto; è come milioni di altre persone forgiate dai libri, per cui i libri sono un alimento essenziale, persone che potrebbero morir di fame se non gli avessero.”
E Lively fa tutto ciò con maestria di scrittura (come sempre complimenti al traduttore..!), con garbo, senza forzature o drammi, con una simpatia verso i propri personaggi. Probabilmente ciò succede sia grazie al suo carattere genuinamente ‘british’ sia al fatto che ha forse scritto più per l’infanzia che per gli adulti.
Alla fine non ci saranno sconquassi finali, qualcosa cambia, qualcosa no. Nessuno sarà veramente felice, magari un po’ più sereno. Altri vivranno nel rimpianto di qualcosa che poteva essere, ma almeno nella consapevolezza che qualcosa d’altro esiste. E che non è mai detto…
“Dunque la storia era questa. Queste le storie di Charlotte, di Rose e Gerry, di Anton, di Jeremy e Marion, di Henry, Mark, e di tutti loro. Le storie innescate in modo così capriccioso da un fatto accaduto a Charlotte per strada, un giorno. Ma di fatto questa non è la fine della storia, delle storie. Il finale è un artificio: i finali ci piacciono – sono soddisfacenti, utili – e mettono un punto. Ma il tempo non si ferma, e le storie marciano al passo con il tempo. Allo stesso modo, la teoria del caos non prevede un finale; l’effetto domino va avanti, inarrestabile. Queste storie non terminano, ma si dipanano l’una dall’altra, ciascuna seguendo il suo corso.”
Biblioteca civica L. Penati