Solidarietà tra donne come antidoto alla violenza

Solidarietà tra donne come antidoto alla violenza

La solidarietà tra donne è un antidoto formidabile al maltrattamento e alla violenza sulle donne, sia dentro che fuori casa. Ne parliamo con Marisa Carta, responsabile del Centro azione donne maltrattate (Cadom) di Monza. Il Cadom di Monza è attivo da 1994, oggi con 40 volontarie, di cui 4 avvocate (penaliste e civiliste) e 3 psicologhe.

La rete contro il maltrattamento

Lavoriamo molto sulla prevenzione, soprattutto nelle scuole, dove l’obiettivo è sia di far capire che le relazioni possono essere non violente, sia di combattere ruoli e stereotipi dentro cui si annida la violenza di genere. Inoltre portiamo avanti progetti di formazione e corsi di approfondimento sia per le volontarieche per operatori e operatrici dei servizi socio-sanitari e delle forze dell’ordine.

In Brianza le operatrici del Cadom di Monza sono state formatrici all’interno del progetto  Artemide, che ha permesso di arrivare alla formazione di un Protocollo d’intesa. Firmato la prima volta nel 2010, è stato riconfermato nel 2012 per il 2013 ed  ha permesso di creare una rete contro il maltrattamento

E’ una rete vasta e complessa, di cui fanno parte le forze dell’ordine, associazioni, Comuni, operatori del terzo settore, medici, operatori di pronto soccorso. Praticam siamo riuscite a coprire quasi tutta la Brianza (solo distretto di Desio è rimasto fuori perché in quel momento il Comune era commissariato)

Le utenti

Nel 2012 sono state accolte 243 donne, 70 da Monza e il resto dalla Provincia. Queste le cause:

  • 42% maltrattamento psicologico,
  • 31% maltrattamento fisico
  • 14% maltrattamento economico
  • 7% stalking (in aumento)
  • 6% violenza sessuale agita dal partner

Il 90% maltrattanti sono italiani.

L’attività nelle scuole

Quando un ragazzo o una ragazza affermano, come ci è capitato: “Sì i miei genitori mi picchiano (in modo violento) però mi vogliono bene”. Noi chiediamo che cosa vuol dire “volere bene”? Cosa vuol dire “rispettare”? Lavoriamo sul rispetto e sul riconoscimento reciproco

Capita a volte di dover spiegare a ragazzi e ragazze cosa sia uno stupro. Capita che emergano fuori anche casi di violenza assistita vissuta da ragazzi e ragazze. Tra i progetti infatti c’è anche la formazione alle insegnanti x riconoscere segni violenza subíta.

Solidarietà femminile come antidoto alla violenza

Con quasi 30 anni di esperienza alle spalle, Marisa si dichiara fermamente convinta che molti casi di maltrattamento sarebbero “stoppati” sul nascere se ci fosse maggiore attenzione da parte delle donne. Dice:

Mi ha colpito una frase, quando è stata uccisa una donna extracomunitaria a Bernareggio e una delle sue amiche ha detto: “lo sapevo che sarebbe finita così”. A parte rimanerci malissimo, mi sono molto arrabbiata. Se io voglio bene a una persona, se sono sua amica,  cerco in tutti i modi di tirarla fuori. Non è che la prendo di peso e la porto in un centro anti-violenza, perché questo non cambierebbe assolutamente niente, nel senso che la donna per rivolgersi a noi deve essere convinta di quello che fa.

Il Cadom di Monza, come tutti i centri antiviolenza, accetta le segnalazioni ma non prende mai appuntamento per terze persone. Cosa può fare, dunque, un’amica? Può spezzare l’isolamento cui nasce e cresce la violenza.

Deve essere la donna che subisce il maltrattamento a telefonare, perché deve essere lei a prendere questa decisione. Però il mio compito è portarla piano piano a prendere questa decisione. Solidarietà nel senso di fare uscire la donna che vive il maltrattamento dal senso di profonda solitudine che vive all’interno del maltrattamento. Le donne che vengono da noi ci raccontano proprio dell’isolamento che vivono anche all’interno della famiglia. Magari con le sorelle che non dicono niente o che dicono “te lo sei scelto tu, gestiscitelo tu il problema”

Quindi solidarietà è appoggio, accompagnamento.

Abbiamo notato che le donne che vengono da noi accompagnate da un’amica, sono quelle che più facilmente iniziano un percorso di uscita dalla violenza. Perché sanno di avere un sostegno, persone che le ascoltano e soprattutto che non le definiscono delle cretine perché hanno subito situazioni pesanti per anni.

Da sole non è possibile farcela, dice Marisa.

La cosa più deleteria che può vivere una donna che subisce un maltrattamento è l’isolamento, di doversi gestire tutto lei. C’è tutto il problema della colpevolizzazione, il fatto di sentirsi adeguata, di non potersi muovere, di non poter tutelare adeguatamente i figli. Tutta una serie di dinamiche da scardinare… da sola non si può.

Al Centro anti-violenza siamo tutte donne

In tutti i centri della rete regionale e nazionale lavorano solo donne.  Siamo partite dall’idea che la donna per parlare dei suoi problemi ha bisogno di trovarsi davanti un’altra donna. Almeno nelle fasi iniziali la figura maschile è una figura, diciamo, compromettente. Questo non vuol dire che non si trovino delle persone estremamente attente, ad esempio tra le forze dell’ordine, con grandi capacità di accoglienza e ascolto. Però noi ci muoviamo sul terreno del rapporto tra donne.

E.C.

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