Le regine della frutta secca: le mandorle

Ci sono buoni motivi per mangiare le mandorle, primo fra tutti la loro bontà. Sono ottime se gustate naturali, inserite nei dolci o semplicemente come spuntino per fermare la fame.
Esistono anche altre ragioni per mangiare le mandorle tutti i giorni: sono curative, aiutano l’intestino, rinforzano le ossa, combattono l’osteoporosi, proteggono e nutrono i capelli.
Da una recente ricerca, pubblicata a margine del convegno Nutrition Scientific Session tenutosi a San Diego il 27 maggio di quest’anno, sono emersi più chiaramente i vantaggi di questo alimento che sono davvero molteplici.
Al Nutrition Scientific Session di San Diego è anche emerso che le mandorle aiutano a ridurre l’appetito e a promuovere il senso di sazietà.

Secondo Karen Lapsley, responsabile scientifico dell’Almond Board of California, i dati presentati al convegno “aiutano ad aumentare la nostra conoscenza degli effetti benefici delle mandorle all’interno di un’alimentazione salutare.”

Le mandorle riducono il rischio cardiovascolare, contrastano l’accumulo di grasso addominale associato al pericolo di sviluppare la sindrome metabolica, dato che moderano la concentrazione di glucosio nel sangue, fattore di rischio per la salute di cuore e arterie e sempre secondo lo studio portato avanti dai ricercatori, le mandorle offrono protezione contro l’Alzheimer.
In generale, una manciata di mandorle, quindi oltre ad essere un gradevole spuntino, corrisponde a una porzione di proteine, di fibre, di acidi grassi monoinsaturi e importanti vitamine come la vitamina E, il magnesio e il potassio.
Sicuramente quindi le mandorle si meritano l’appellativo di regine della frutta secca che, con un consumo moderato, ci nutrono e ci curano.
Fonti:
http://salute24.ilsole24ore.com/
http://www.greenstyle.it/
http://wipodio.it/
http://specchioedintorni.it/

3300 anni di Aloe Vera

500 anni prima della fondazione di Roma i cinesi della dinastia Sung si curavano già con il succo dell’Aloe Vera, una pianta grassa che ora anche i medici del ventunesimo secolo hanno riconosciuto come estremamente ricca di proprietà terapeutiche depurative, cicatrizzanti e antinfiammatorie.

L’Aloe Vera è originaria dell’Africa centrale, ma con il passare dei secoli si è diffusa un po’ in tutto il mondo a partire dal Mediterraneo, India, isole dell’Oceano indiano, Stati Uniti, Messico Venezuela e in Oceania. Cresce spontanea sui terreni secchi e calcarei, ma si può coltivare anche in giardini, balconi e terrazzi ricchi di sabbia e argilla, in modo da aumentare al massimo la permeabilità del terreno.

L’Aloe Vera viene usata da millenni in Occidente come in Oriente, il suo nome deriva dall’arabo alua oppure dall’ebraico halat, che in entrambi i casi si può tradurre con amaro. Gli antichi egizi piantavano l’Aloe Vera all’ingresso di una nuova casa come simbolo di buon augurio e la stessa Cleopatra usava la polpa sul viso come crema idratante per mantenere la pelle giovane. In Grecia il succo veniva mescolato alla mirra per disinfettare il cavo orale, e Cristoforo Colombo annotava nei suoi diari come l’estratto di Aloe Vera fosse il rimedio migliore per curare i naviganti durante le lunghe traversate oceaniche.

Utilizzi contemporanei: dalle foglie dell’Aloe Vera è possibile ottenere il succo condensato che ha proprietà lassative e depurative e il gel che spalmato sulla pelle cura infiammazioni, dermatiti, scottature ed è un buon cicatrizzante. Inoltre ha un’azione schermante nei confronti dei raggi ultravioletti e migliora la microcircolazione costituendo un valido cosmetico anti-age, come già sapeva Cleopatra. Si utilizza applicandone un sottile strato sulle zone interessate e facendolo assorbire con un lieve massaggio. Se applicato su ferite, si copre il punto leso con una garza sterile e non si massaggia.

Come con tutti i farmaci gli effetti collaterali sono legati al sovradosaggio e possono provocare coliti e disturbi gastrici, basta comunque non superare le dosi consigliate per non avere particolari problemi.

Le virtù della curcuma o zafferano d’India.

Questo mese vorremmo parlare della 1curcuma, un genere di piante appartenente alla famiglia Zingiberaceae, comprendente 80 specie conosciute. Le piante appartenenti a questo genere (come moltissime zingiberaceae) sono utilizzate con scopi alimentari e officinali: la spezia più utile è la Curcuma longa o zafferano delle indie (molto spesso indicata come curcuma senz’altre precisazioni). Da Wikipedia

Volendo conoscere più da vicino questa pianta, forse non ancora abbastanza nota, scopriamo che le sue proprietà sono incoraggianti da un punto di vista curativo ma anche culinario.

Curativo, in quanto la curcumina ha destato molta attenzione da parte di ricercatori fin dagli anni ’80, per le sue proprietà antitumorali ed antiossidanti, disintossicanti ed antinfiammatorie. Recenti indagini scientifiche ci dicono che la curcumina potrebbe funzionare come contrasto all’insorgenza di diversi tumori quali quello del colon, bocca, polmoni, fegato, pelle, reni, seno, e leucemia. Si è notata una decisa riduzione della produzione di TNF alfa, un fattore di crescita in grado di stimolare la proliferazione e la replicazione delle cellule tumorali.

Le sue proprietà disintossicanti infatti sarebbero in grado di trasformare i radicali liberi in sostanze innocue per il nostro organismo. Ha proprietà cicatrizzanti, cura ferite, scottature, punture d’insetti e malattie della pelle. La curcuma  è un rimedio potente contro i dolori articolari e l’influenza.
Le persone che soffrono di calcoli biliari devono astenersi dal consumo di curcuma e curry perché queste spezie potrebbero peggiorare il decorso della malattia.

Culinario, in quanto succedaneo di un’altra spezia molto più diffusa, lo zafferano, sostituisce quest’ultimo egregiamente in tutto o in parte in diversi piatti. Comunemente utilizzata come spezia nella cucina del Sud asiatico, proveniente da una pianta appartenente alla famiglia dello zenzero, la scelta della polvere giallo ocra arancione, ha un costo decisamente inferiore, fattore sicuramente non trascurabile dati i tempi.
Ha un sapore mutevole, è ricca di proprietà come il potassio, vitamina C, amido pari al 26% , oltre ad oli eterici ed oli amari che stimolano l’appetito e la formazione di enzimi digestivi.

La curcuma può essere utilizzata tranquillamente come insaporitore, nelle nostre insalate, minestre, sulla carne, nello yogurt e sui formaggi. Il sapore è delicato e fresco. La dose giornaliera ideale sono due cucchiaini da caffè al giorno. Si può assumere insieme a tè verde, pepe nero e olio di oliva così da potenziare la sua efficacia. Non bisogna esagerare con le dosi,poiché assumere troppa curcuma può essere dannoso per l’organismo. La curcumina inoltre se associata ad un isotiocianato presente in verdure come cavolo, broccoli, rapa, aumenta il suo effetto.

Curiosità
Il vivace colore giallo della radice polverizzata viene utilizzato come colorante alimentare (sigla internazionale è: E100) ed anche per tingere i tessuti ma sbiadisce rapidamente.
In certe regioni dell’India una radice di curcuma appesa al collo della ragazza fa parte del rito della promessa matrimoniale.
Dove posso trovarla
si vende in diverse catene alimentari, erboristeria, oppure anche online presso http://www.zenstore.it/ o http://www.ecosalute.it a prezzi molto accessibili.

Alimentazione e consapevolezza, una cura allo stress primaverile

Prendersi cura di sé implica conoscere il proprio corpo e “ascoltare ciò che ci comunica”.  Il passaggio dall’ inverno alla primavera è un periodo faticoso si sa, e un metodo utile per ridurre lo stress e l’affaticamento psico fisico, è senz’altro avere una maggior cura e attenzione all’alimentazione.

Il primo nutrimento per il corpo è il cibo, un buon cibo, preparato con attenzione e cura, consumato con altrettanta cura e consapevolezza. Questo significa non mangiare seduti davanti alla televisione o al computer, di corsa, mentre stiamo facendo altro, ma prestare attenzione a ciò che ingeriamo.

Può essere utile seguire alcune regole per una buona alimentazione e una buona digestione:
mangiare per nutrirsi, non per compensare emozioni quali rabbia e/o tristezza, senso di vuoto
concedersi il tempo per consumare il pasto
masticare lentamente
assaporare il cibo
evitare gli eccessi di proteine e di grassi animali, di sale e di zucchero, di condimenti che rallentano le funzioni della digestione
bere acqua non fredda prima dei pasti
consumare i pasti regolarmente (colazione, spuntino, pranzo,merenda, cena)
Le scelte alimentari possono essere diverse e tutte interessanti sia dal punto di vista etico che salutistico: da onnivora a vegetariana, che esclude carne e pesce, a vegana, che esclude ogni cibo di origine animale, a macrobiotica,  che considera i cibi come energia, a quella che si basa sul gruppo sanguigno, scelta per ritrovare la salute, al metodo Kousmine, raccomandata spesso nella lotta contro i tumori,  ai principi della medicina antroposofica che consiglia come e quando utilizzare determinati alimenti.

Ogni tipo di alimentazione può essere valido, e sperimentare, imparare ad osare, vuol dire conoscere e scegliere tra creatività di colori e sapori, spezie, odori e aromi  che consentono di prendersi cura del proprio organismo per recuperare le energie e il piacere della cura del sé.

In commercio esistono molti testi nei quali trovare ricette, combinazioni alimentari, rimedi disintossicanti e depurativi e tanto altro sulla salute.
Orietta Mariano operatrice olistica
 
Piccola bibliografia
Il libro completo dei rimedi naturali, Giunti Editori
Il libro dei rimedi macrobiotici, Mediterranee editori Michio Kushi
La dieta del dottor Mozzi gruppi sanguigni e combinazioni alimentari, Pietro Mozzi edito dalla Cooperativa Le Mogliazze
Salvate il vostro corpo!, Tecniche nuove editore, Catherine Kousmine
L’alimentazione naturale, Mondadori Editore

Maternity blues: quando una madre uccide.

Maternity Blues, tratto dal dramma teatrale “From Medea” di Grazia Verasani è un film italiano del 2011 diretto da Fabrizio Cattani e distribuito in Italia dopo essere stato presentato in anteprima alla 68ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Non conoscevo questo film prima di essere invitata ad un incontro da parte dei ragazzi dell’Associazione In-formazione, una associazione studentesca nata all’interno del corso di Servizio sociale dell’Università Milano Bicocca, per discutere appunto di Maternity blues.

Maternity blues in breve

Il film racconta la storia incrociata di quattro donne diverse tra loro, ma legate da una colpa comune: l’infanticidio. Clara, la protagonista, è una giovane donna che come estrema conseguenza di una depressione post-partum ha annegato i suoi due figli. Ricoverata in un ospedale psichiatrico, entra in contatto con una comunità di donne-Medee che hanno tutte affrontato il gesto estremo dell’infanticidio. In modo particolare, stringe rapporti con le tre compagne di stanza Eloisa, Rina e Vincenza, ognuna dotata di un carattere estremamente diverso e di una complessa fragilità. Mentre la vita nell’istituto procede fra sedute di terapia di gruppo, piccole crisi e felici momenti di festa, al di fuori Luigi, il marito di Clara cerca lentamente di ricostruirsi un’esistenza serena pur rendendosi conto di non riuscire a smettere di amare la donna che gli ha dato e poi portato via i suoi figli.
Quello della madre assassina è un tema che, pur nato nella classicità, non ha mai smesso di inquietare la nostra morale e in modo particolare la nostra cultura, per la quale l’istinto materno è ancora conditio sine qua non della femminilità.
Un film duro, che non fa sconti e che colpisce alla pancia affrontando con sensibilità un tema “faticoso”. Mi è piaciuta la scelta del non giudizio nei confronti delle protagoniste, ma neppure di una giustificazione e, tanto meno, di assoluzione. Vediamo semplicemente la fotografia delle loro vite, raccontate dal luogo dove stanno scontando la loro pena, l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario, e contemporaneamente cercando di «curarsi» con il supporto di psichiatri.
E’ interessante sottolineare come le donne vivano “sospese” in un limbo dalle pareti sottili che le separa, ma al tempo stesso le protegge dal mondo reale. Un limbo difficile da varcare anche per via di quei pregiudizi e quella superficialità a cui i media e la società ci hanno abituato.
Per chi non ne avesse mai sentito parlare, la Maternity blues depressione post-partum – rappresenta la più comune delle sindromi del puerperio e la sua frequenza é particolarmente elevata (dal 25 all’85% di tutte le donne che hanno partorito e sperimentano una certa instabilità emotiva nelle prime settimane dopo il parto). Sostanzialmente è una sindrome legata alle brusche variazioni ormonali che avvengono qualche giorno dopo il parto e tende ad autolimitarsi per poi scomparire definitivamente nel giro di pochi giorni, ma non sempre è così.

Come riconoscere i sintomi della Maternity Blues?

Sbalzi di umore, umore labile con facile tendenza al pianto, tristezza, ansia, mancanza di concentrazione e sensazione di dipendenza sono solo alcuni dei segnali che potrebbero condurre la neo mamma verso una depressione post- partum. La Maternity blues infatti è provocata da molti più fattori: importanti sono i rapidi cambiamenti ormonali con la caduta dei livelli di estrogeni e di progesterone che avvengono subito dopo il parto, lo stress psico-fisico legato al momento del travaglio e del parto, le possibili complicanze fisiche del post-partum, come i postumi del taglio cesareo che limitano l’autonomia della madre, la fatica fisica, l’ansia legata all’aumento delle responsabilità, l’insorgenza di imprevisti o contrasti con i familiari, i parenti.
In questa situazione è molto importante poter condividere le esperienze provate con altre mamme e poter pianificare una buona divisione dei compiti con il compagno o i familiari stretti.

Si può curare la Maternity blues?

Data la sua transitorietà non rende necessari interventi medici e psichiatrici specifici o particolarmente strutturati. La maggior parte delle volte informazione, rassicurazione e supporto dei familiari sono sufficienti. Infatti sebbene la sintomatologia possa essere dolorosa, tipicamente non si riflette sulle capacità della mamma di prendersi cura di sé e del proprio bambino.
E’ importante fornire indicazioni alle dimissioni dal parto circa l’assetto di vita possibilmente da promuovere nei primi mesi dopo il parto in modo particolare per quelle neomamme che hanno già nella loro storia dei fattori di rischio per una depressione post-partum quali un sonno adeguato per quantità e qualità, l’eliminazione di caffeina, nicotina ed altro, la riduzione degli stress psicosociali e l’indicazioni di tecniche di rilassamento del corpo.

Dato che le neomamme vengono generalmente dimesse dall’ospedale pochi giorni dopo il parto, dovrebbero tuttavia essere informate di questa condizione prima della dimissione ed è altresì importante riconoscere la maternity blues perché il 20% delle mamme che ne soffrono svilupperà in seguito una depressione puerperale.

Nonostante le generalizzazioni di sintomi e probabili cure,ogni donna lo sappiamo bene è un mondo a sé e per questo è importante imparare a conoscersi e sapere quando si è troppo vicini al limite per provare a tornare indietro. A questo punto è fondamentale il ruolo della famiglia e in prima linea del compagno di vita che non può e non deve considerare il figlio appena nato un onere e onore solo della madre, ma deve impegnarsi al suo fianco ogni giorno per condividere le tante gioie ma anche le paure e le “ombre”.
Concludo con una frase del film che vuole portarci a riflettere, donne e uomini senza distinzione:

“ Cos’è una madre? Una che non può fallire mai? Quando è nato mio figlio mi dicevano che l’istinto materno verrà naturale appena lo terrò tra le mie braccia, che sono tutte uguali le donne ma non è andata così. Non incolpo nessuno per quello che ho fatto, a parte me.”

 

Laboratorio gratuito sulla scrittura di sé

L’associazione Libriamoci, a Bussero, propone per quest’autunno un laboratorio gratuito sulla scrittura di sé.

Si tratta di un percorso, articolato in 5 incontri di due ore, in cui i partecipanti potranno rievocare ricordi e riappropriarsi delle proprie memorie, ripercorrere la propria vita ed imparare ad ascoltarsi, utilizzando lo strumento della scrittura.

Il percorso si articola attorno ad un tema conduttore che verrà esposto durante il primo incontro.
La scrittura di sé verrà stimolata attraverso suggestioni di tipo vario e condivisa all’interno del gruppo.
Non è necessario essere bravi scrittori perché il laboratorio è rivolto a tutti coloro che hanno voglia di esplorarsi, di conoscersi un po’ di più e di condividere la propria storia di vita.

Il laboratorio sarà condotto da Maria Matera e si terrà nella saletta della biblioteca dalle ore 21 alle ore 23 nei giorni 11, 18, 25 novembre e 2 e 9 dicembre.
E’ previsto un numero di partecipanti massimo di 16 persone.
Per informazioni Maria Matera cell. 3358365243, mail: mariamatera@gmail.com
 
 

Image: 'Be seeing you'
www.flickr.com/photos/19487674@N00/58499153
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Sperimentare, creare, crescere. Bau Atelier fa vivere l'arte a Cernusco

Effetto donna è un percorso artistico in 8 incontri per lo sviluppo della creatività declinata al femminile. La proposta è dell’associazione Bau Atelier, che nasce nel 2009 dalla passione di due amiche per l’arte, esperte in arte terapia e decise ad aprire un atelier artistico per bambini e ragazzi di Cernusco. Da allora Bau Atelier fa vivere l’arte a Cernusco attraverso laboratori creativi, conferenze, visite guidate. Una fervente e gioiosa attività, documentata sulla pagina facebook.
Chantal Martinelli è una delle promotrici dell’associazione. Qui racconta a lettrici e lettori di cernuscodonna.it come è nata Bau Atelier e quali sono le sue caratteristiche. Cominciamo da Effetto donna, il percorso artistico al femminile che parte l’8 ottobre 2013.

Come per tutti i progetti di Bau Atelier, anche questo è nato dalle istanze di qualcuna di noi. All’inizio abbiamo avuto qualche dubbio nel rivolgerlo solo alle donne, ma chi partecipa alle attività e le socie sono in maggioranza donne. Anche solo porsi la domanda è stato molto stimolante. Sarà interessante vedere quali sono le differenti idee di creatività femminile. Non so se esistano qualità specificamente femminili nell’arte, ma ci interessa far emergere una creatività sopita e tenuta sempre sotto traccia. Vorremmo che nascesse un gruppo di esperienza artistica, per riflettere più in profondità.

Dunque le frequentatrici di Bau Atelier sono in maggioranza donne?

Siamo clamorosamente a maggioranza femminile. Le padrone di casa sono donne. Non c’è chiusura verso gli uomini, ma è una realtà. Noto che non è soltanto una caratteristica nostra…

Molti dei vostri laboratori artistici sono rivolti a bambini e bambine. Chi li accompagna, di solito?

Di solito le madri. I padri che frequentano le nostre iniziative sono rare eccezioni. Molto isolati e poco visibili, vorremmo valorizzarli di più ma non vorremmo farne delle caricature. Notiamo che i figli sono di competenza delle donne e i ruoli sono ben saldi. Forse anche da questo è scaturita la domanda di un percorso artistico rivolto specificamente alle donne.

Dicevi che Bau Atelier nasce appunto come proposta per i bambini.

L’idea di base è fare percorsi artistici rivolti ai bambini con attenzione agli aspetti psicologici sottostanti al percorso creativo. E’ un processo completo che non riguarda solo l’apprendimento di tecniche, ma anche lo sviluppo del pensiero creativo e la conoscenza dei materiali. L’idea di fondo è: sperimentiamo! Facciamo la prova. Davvero è una cosa diversa da quella che si fa a scuola. Poi comunque le tecniche sono apprese, ma solo quando il bambino ha bisogno di quel determinato materiale per il suo personale processo creativo.

Con i Cuccioli di Bau avete aperto uno spazio anche per i bambini sotto ai tre anni. Come funziona?

Proponiamo delle storie divertenti e attività sensoriali. I genitori condividono il percorso con i figli. E’ un modo diverso per stare insieme, una dimensione insolita ma allo stesso tempo molto familiare e riconoscibile. Divertente anche per noi che lo facciamo!

Materialmente, come avete potuto muovere i primi passi? Avere una sede non è tanto facile

Abbiamo potuto partire perché l’amministrazione comunale ha accolto un nostro progetto e ci ha dato una sede. Il progetto includeva bambini con disabilità e la collaborazione con i servizi sociali. Nel tempo le attività si sono moltiplicate, la sede non bastava più e così abbiamo affittato un locale. Il gruppo originario si è ampliato molto, ora sono presenti 4 arteterapeuti in associazione, si sono avvicinati a noi degli artisti e tante mamme volontarie. Un’iniziativa parte da una persona che ha una passione e vuole proporla, condividerla. Tutti quelli che arrivano portano cose nuove!

E’ successo così anche con lo Knit Point? Che sarebbe… un laboratorio di maglia?

Allo Knit Point facciamo lavoro a maglia ma con un obiettivo ambizioso che si ispira ad un movimento internazionale. Come nell’arte ci sono artisti importanti che usano tessitura e maglia, tecniche antiche di specifica competenza femminile, così vorremmo che le stesse tecniche fossero usate a fini creativi proprio da chi le ha sempre vissute come attività di poco valore. Anche se l’obiettivo non è immediatamente percepito come tale da tutte le partecipanti.

Torniamo ai bambini. Quanto è diffusa la sensibilità che con le arti si possa sostenere il processo di crescita del proprio figlio o figlia?

E’ abbastanza diffusa, ma ancora è la sensibilità di una minoranza. Vorremmo far sapere ai pediatri che esiste questo spazio e quanto è importante.

Molti corsi sono a pagamento, anche se con tariffe popolari.

L’aspetto del pagamento è importante, perché impedisce alle persone dubbiose di avvicinarsi. Ma abbiamo proposto cose gratuite e non è stato del tutto positivo, perché è una cosa che non è stata scelta ma si fa perché è gratis e questo crea equivoci.
Va detto anche che le entrate che derivano dalle iscrizioni ai laboratori vanno a coprire i costi dell’affitto della nuova sede e che chi conduce i corsi difficilmente ci guadagna qualcosa.

Oltre ai laboratori per bambini e adulti, proponete anche conferenze e visite guidate.

Per le visite guidate alle mostre collaboriamo con le guide museali di “Incursioni d’arte”. Inoltre abbiamo avviato un ciclo di conferenze, promosso dall’Assessorato alla cultura del Comune di Cernusco.

 
E.C.
 
 
 
 
 
 

Son tutte belle

Son tutte belle è un progetto di documentario che ha l’obiettivo di indagare e raccontare le donne italiane e straniere attraverso il loro rapporto e confronto con la maternità, coinvolgendo persone e personaggi diversi, lontani e vicini, fino a costruire un ritratto della condizione femminile in Italia, qui e adesso, in relazione all’essere e al diventare – o meno – madre.
Il team di registe che ha lanciato il progetto comincia con un primo grande lavoro di ricerca testimonianze, in tutta Italia.
Le promotrici hanno lanciato in rete una richiesta di autointervista. L’abbiamo ricevuta e volentieri la rilanciamo:

Cerchiamo delle donne che ci raccontino la loro esperienza rispetto alla maternità. Che siano mamme o no, che l’abbiano desiderato o no, quello che ci interessa sono le storie e i percorsi.
Basta un filmato, fatto con una videocamera o un telefonino, in cui vi raccontate, o aiutate un’amica a raccontarsi. Potete anche mandare le immagini del vostro quotidiano, senza apparire in prima persona nell’immagine, ma mostrando dove siete.
Ci serve perché vogliamo costruire un film, in internet, che faccia vedere come stanno le donne in Italia, oggi. E faccia riflettere, facendo venire voglia di intervenire, scrivere commenti, mandare altri filmati.

Per ogni dubbio andate sul sito di SONTUTTEBELLE, è tutto spiegato. E se non vi sembra chiaro, scrivete a info@sontuttebelle.org
 

Giovani e sesso, se le porte da aprire sono troppe non avere paura di chiedere!

Giovani e sesso. A Bussero il consultorio diventa young! Con una casella di posta elettronica dedicata ai giovani per dialogare in modo anonimo e riservato con gli operatori. Utile e importante, visto che quasi la metà delle ragazze non utilizza contraccettivi al primo rapporto, secondo la più recente indagine della Società di ginecologia e ostetricia.

Giovani e sesso, se le porte da aprire sono troppe non avere paura di chiedere!

Giovani e sesso. Emerge un dato allarmante dalla ultimissima indagine condotta nel mese di maggio 2013 dalla Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia (Sigo) sulle abitudini sessuali di oltre mille giovani tra i 14 e i 25 anni, presentata Milano il 21 maggio:

il 42% delle under 25 italiane non utilizza nessun metodo contraccettivo durante la prima esperienza sessuale. Di queste, il 24% ricorre al coito interrotto e solo 3 su 10 hanno ricevuto informazioni corrette da medici e insegnanti, il rimanente 70% da fonti non qualificate.

La principale causa di questa impreparazione è la scarsa educazione sessuale ricevuta e possiamo constatare come il quadro sia peggiorato anche soltanto negli ultimi tre anni; infatti rispetto ad un analogo sondaggio effettuato nel 2010 registriamo un 5% in più di giovanissime che affronta la prima esperienza sessuale senza nessuna precauzione, rischiando così di incorrere non solo in una gravidanza indesiderata, ma anche in una o più malattie sessualmente trasmesse.

Cosa offre il nostro territorio?

Presso il Consultorio Adolescenti di Bussero è presente il PUNTO ASCOLTO ADOLESCENTI rivolto ai RAGAZZI E RAGAZZE DAI 14 AI 22 ANNI!!
Di cosa si tratta? Un luogo dove trovare esperti disponibili ad ascoltarci e aiutarci quando ci sono domande a cui non sappiamo trovare una risposta, quando abbiamo un po’ di confusione in testa rispetto a temi importanti come la procreazione consapevole, la contraccezione, le malattie sessualmente trasmissibili, il nostro percorso di crescita in relazione ai cambiamenti puberali, nei momenti in cui niente sembra andare per il verso giusto.
E’ una struttura ad alta integrazione socio- sanitaria con specifica competenza sull’età adolescenziale e interviene nelle aree della salute, delle relazioni affettive e sessuali, della vulnerabilità e disagio adolescenziale attraverso attività di counseling sociale, psicologico, sessuologico e psico- diagnosi / psico- terapia a breve termine, consulenze e visite ginecologiche e infermieristiche.

Non è necessaria la prescrizione del medico curante per accedere ai servizi ed è data priorità ai residenti sul territorio ASL MI2. Le prestazioni rese in ambito socio- sanitario sono gratuite o integrate mediante ticket.

PARLIAMONE!

Ci si può rivolgere individualmente, in coppia o in gruppo in modo gratuito e riservato telefonando al numero verde 800 800 172 o al numero diretto 02- 92.65.47.51/3 per un appuntamento o per avere tutte le informazioni che vi servono oppure scrivendo una mail: 

Il Consultorio diventa Young! una casella di posta elettronica dedicata ai giovani per dialogare in modo anonimo e riservato con gli operatori. Scrivi a consadolescenti@aslmi2.it
Le ragazze e i ragazzi con dubbi, difficoltà, problemi personali o anche una semplice curiosità, possono ora contattare la psicologa,m la ginecologa, l’assistente sociale, l’assistente sanitaria, l’educatrice professionale in modo semplice e immediato!!
Vai alla pagina con orari e indirizzo

Educazione sessuale?

Attualmente nel nostro Paese l’educazione sessuale non è una materia scolastica obbligatoria e questa anomalia, che contraddistingue in negativo l’Italia dal resto d’Europa, viene da tempo denunciata dai professionisti di settore con scarse risposte.
Altro elemento che emerge forte dall’indagine della Sigo e preoccupa molto è il fatto che le giovani italiane non conoscano i benefici della contraccezione orale; non vengono valorizzati i risvolti positivio della pillola sulla regolarità del ciclo, acne e irsutismo, mestruazioni dolorose e/o abbondanti, carenza di ferro nell’organismo e sindrome premestruale. I suoi punti di forza sono l’elevata sicurezza contraccettiva, prossima al 100%, l’alta tollerabilità, il ridottissimo impatto metabolico e la sua totale reversibilità, tutte caratteristiche che la rendono un metodo contraccettivo valido a tutte le età e particolarmente indicato per le giovani. Chiaramente trattandosi di un farmaco la scelta deve rimanere sempre del ginecologo in base alle caratteristiche della donna, ai suoi bisogni contraccettivi ed extracontraccettivi, con particolare attenzione alla composizione del contraccettivo e alle vie di somministrazione. Il suo svantaggio principale è che la pillola contraccettiva non protegge dalle malattie a trasmissione sessuale, in grande diffusione proprio tra le persone adolescenti.

La persona più qualificata per consigliare una giovane, sciogliere tutti i suoi dubbi ed indicarle quale è il metodo contraccettivo più adatto alle proprie esigenze è proprio il ginecologo / la ginecologa. Purtroppo però solo il 20% delle ragazze si rivolge ad una struttura specializzata per chiedere tutte queste informazioni e ciò è in netto contrasto con la necessità che ogni adolescente entrata nella fase della pubertà avrebbe di sottoporsi almeno una volta l’anno ad una visita ginecologica.

È’ perciò fondamentale educare le adolescenti a considerare il ginecologo, uomo o donna, come l’alleato più sicuro per vivere in serenità la loro vita, anche sessuale perché le aiuta a conoscersi e a fare una scelta contraccettiva responsabile e su misura.
 
Silvia Di Pietro
 

Immagine: ? como olvidar tus besos
www.flickr.com/photos/25094599 @ N00/232517261 
Trovato su flickrcc.net

Il diritto all'educazione comincia all'asilo

Liste d’attesa, anticipi, mancati indicatori di qualità e riforme sospese. Anna Acampora, educatrice, denuncia i problemi della scuola dell’infanzia, sede primaria e fondante del diritto all’educazione, di cui poco si parla
Occorre riconoscere la frequenza alla scuola dell’infanzia come “diritto all’educazione” (andrà scritto a caratteri cubitali in una nuova legge), con le necessarie coperture finanziarie, con un dignitoso e condiviso progetto culturale che ne metta al sicuro il suo carattere pienamente educativo.

Un pesante silenzio è sceso sull’importanza della scuola dell’infanzia italiana se non per l’assenza di posti e di insegnanti.

Ma portiamo l’attenzione anche sui bambini: dopo gli squilli di tromba degli anni Novanta (con l’impegno sui Nuovi Orientamenti, i progetti di sperimentazione Ascanio ed Alice, le promesse di un riconoscimento definitivo del carattere di “prima scuola”), la scuola dell’infanzia vive con disincanto la stagione della “riforma” avviata con la legge 53/2003.
Oltre ad aver messo all’angolo Orientamenti, quelli del 1991, unanimemente apprezzati, l’unico elemento di novità si presenta come molto discutibile.

Si tratta del doppio anticipo: quello dei bambini di 2 anni e 4 mesi alla “materna”; quello dei bambini di 5 anni e 4 mesi all’elementare. Esclusa dagli esperti e dai pedagogisti, la proposta è diventata troppo in fretta legge (tanto è vero che stenta ad essere applicata) e gli stessi genitori appaiono molto tiepidi nei confronti di tale possibilità.

Comunque, si manifestano differenze fortissime nelle scelte delle famiglie, che sembrano dipendere più da fattori contingenti (l’esistenza o meno di asili nido, la presenza di una scuola materna qualificata, la comparazione dei costi, la vicinanza delle strutture), piuttosto che convinzioni ben maturate a favore dei bisogni “personalizzati” dei propri figli.

Il rischio è che l’anticipo tenti di rispondere a domande sociali reali (come è la richiesta di servizi educativi per i bambini al di sotto dei tre anni), senza effettive garanzie di qualità della risposta che si offre.

Pensiamo ad esempio agli “anticipi” nella materna. Tutto sembra essere lasciato al caso (ci sono posti liberi? Il Comune è d’accordo?) senza un serio ripensamento delle condizioni di accoglienza per bambini di età così delicata. Ad esempio, in fatto di spazi (esistono gli “angoli morbidi?), di tempi di cura per l’autonomia (dall’uso dei bagni ai pasti), di personale adeguato (nei rapporti numerici e nelle competenze).
Sarebbe stato necessario sperimentare seriamente tutto ciò, mentre allo scadere dei tre anni “sperimentali” (2005-06) nulla sta avvenendo, anzi non c’è nemmeno certezza di quanti bambini al di sotto dei tre anni frequentino oggi le scuole dell’infanzia (statali, comunali, paritarie e private). E nessun serio confronto è stato promosso sui modelli organizzativi che consentirebbero di rispondere alla domanda delle famiglie (dai nidi alle sezioni “ponte”-primavera, ai servizi educativi alternativi). La stesso ANCI chiedeva (l’associazione dei Comuni italiani) una seria verifica prima di dare il via libera definitivo all’anticipo.
Anche la “fuga” dei 5enni verso la scuola primaria (ma il fenomeno riguarda solo alcune regioni del Sud) sembra mettere in crisi l’identità pedagogica e la credibilità della scuola per i bambini dai 3 ai 5 anni. Quasi a rimarcare il suo essere “servizio residuale” rispetto al ventaglio di scelte private delle famiglie. Con il paradosso che nelle città del Nord (con tassi di natalità in incremento e immigrazione in espansione) spesso non si è in grado di accogliere le richieste di frequenza, mettendo a rischio un principio che sembrava ormai una conquista irreversibile. Ma si sa, come scrivono candidamente i Ministri nella circolare annuale sugli organici, la scuola dell’infanzia non è obbligatoria, quindi… si tenga le liste d’attesa.
Questa fotografia della “scuola reale” ci dice quali siano le esigenze per la “generalizzazione” e la “qualificazione” della scuola dell’infanzia (belle parole al vento che si trovano nelle leggi). Occorre riconoscere la frequenza alla scuola dell’infanzia come “diritto all’educazione” (andrà scritto a caratteri cubitali in una nuova legge), con le necessarie coperture finanziarie, con un dignitoso e condiviso progetto culturale che ne metta al sicuro il suo carattere pienamente educativo.

Nel frattempo, però, la scuola “militante” non può attendere con le mani in mano il suo futuro “riscatto”. Anche perché una “buona” scuola dell’infanzia già esiste in molte realtà e va “scoperta”, valorizzata, aiutata. Lo Stato, le Regioni (che ora hanno iniziativa legislativa), i Comuni, le Università, le associazioni, devono fare la loro parte.

Occorre che siano garantite, a livello normativo, alcune condizioni per il miglioramento del servizio.
Occorre, in altre parole, che siano finalmente definiti gli indicatori di qualità che devono essere assicurati da tutte le scuole del sistema integrato (quello avviato con la legge 62/2000 sulla parità), in fatto di:

  • standard orari ottimali (es. una fascia di 35-40 ore settimanali);
  • rapporti numerici compatibili con la qualità di buone relazioni educative;
  • garanzia di fasce pregiate di “compresenza” tra i docenti;
  • qualità dell’edilizia, degli ambienti e delle attrezzature;
  • profili professionali del personale educativo e di assistenza.

Siamo convinti che il mancato successo formativo, che tanto ci preoccupa quando “esplode” a 14-15 anni (con disagio, dispersione, scarsa motivazione e cattivi risultati dei nostri adolescenti), si contrasta solo con una scuola di qualità per tutti i bambini, a partire dai 3 anni. Allora, è tanto più necessario che si torni a parlare (nei documenti, nelle proposte, nelle leggi finanziarie) della nostra scuola dell’infanzia.
Insomma, è l’ora di riaprire l’agenda degli impegni concreti, troppo incautamente chiusa dai governanti.
Anna Acampora, educatrice esperta nel campo del sostegno alla genitorialità e nella progettazione in rete dei servizi alla famiglia e della Prima Infanzia. Fondatrice dell’Associazione Eccemamma e dell’Associazione A33-Cernusco sul Naviglio, La Compagnia dell’Orso di Pioltello.
 
 

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