Non posso sposarti!

Sarebbe sufficiente riflettere sul contenuto della nostra Costituzione italiana per constatare che ogni individuo ha diritto di affermare la propria identità personale anche nella sfera sessuale.

L’art. 2 Cost. stabilisce: “ La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

Ed ancora, l’art. 3 Cost. recita:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Di fatto a chi è omosessuale non vengono riconosciuti gli stessi diritti degli eterosessuali, posto che la vita di coppia e la necessità di formare una famiglia non viene presa in considerazione dalla legislazione nazionale vigente.
Seppur vero che in alcune città italiane è stato istituito il registro delle unioni civili (i.e. Milano), occorre chiarire che da tale documento non sortiscono veri e propri diritti per la coppia omosessuale, fatta salva la possibilità di dimostrare l’esistenza di un rapporto stabile. Registri, dunque, a cui l’ente locale può far riferimento per finalità che lo stesso ritenga meritevoli di tutela, ad esempio in materia di assegnazione degli alloggi di edilizia pubblica.
Di fatto, dunque, tale disparità di trattamento che in molti paesi è stata risolta con leggi ad hoc in Italia è lasciata nell’incertezza e nella non tutela.
Anche il dettato dell’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, rubricato “divieto di discriminazione”, stabilisce:

“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.”

Allo stato dei fatti, quindi, l’unico mezzo di tutela percorribile è quello di avvalersi degli strumenti che il codice civile e la normativa vigente forniscono, vale a dire lo strumento contrattuale. Stipulare contratti ad hoc per disciplinare determinati rapporti (a titolo esemplificativo: contratti di usufrutto, abitazione etc.) ovvero attraverso la predisposizione di procure (ndr negozio giuridico unilaterale recettizio con il quale un soggetto conferisce ad altro soggetto il potere di agire in suo nome) che permettano al partner di gestire determinati eventi.
Avv. D. M. Sportello Donna
 

Locali notturni e rumori molesti

Abito in una villetta nel centro di un piccolo paese e nelle immediate vicinanze c’è un pub che, soprattutto, nelle ore notturne (fino alle 2 a.m. circa) e nel fine settimana fa un rumore incredibile sia per la musica ad alto volume sia per il vociare delle persone che lo frequentano. Ne consegue che, soprattutto nei mesi estivi, io e la mia famiglia non riusciamo a dormire, cosa posso fare?

Gentile Signora,

preliminarmente può contattare la polizia locale che dovrà intervenire e far rispettare il regolamento comunale e la normativa vigente ma, ove tale intervento non sortisca esito positivo, potrà agire giudizialmente avverso il proprietario/gestore del locale notturno richiedendo, previo espletamento di una perizia tecnica volta a verificare che i rumori superino la normale tollerabilità, un provvedimento che costringa il proprietario ad insonorizzare i locale, inibire determinati comportamenti nocivi, rispettare determinati orari ovvero ad adottare tutti quegli ulteriori accorgimenti che si dovessero rendere necessari per porre rimedio al disagio procuratole oltre al risarcimento degli eventuali danni che si dovessero acclarare.

Per qualsiasi chiarimento, in ogni caso, potrà contattarmi allo Sportello Donna di Cernusco s/N. Cordiali saluti. Avv. D.M.

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Genitori anziani obblighi dei figli

La madre anziana ha bisogno di assistenza ma uno dei fratelli non contribuisce alle spese. Che fare?

Siamo tre fratelli e nostra madre di 83 anni, vedova da tempo, si è rotta il femore per un infortunio. Terminato il periodo di degenza, la mamma è rientrata a casa sua senza più essere in grado di provvedere a se stessa. Quindi noi figli, ad esclusione di uno, ci siamo prodigati nel mantenerla e nel prestarle le cure necessarie alla sua assistenza diurna e notturna, ma con il peggiorare della situazione ci siamo convinti ad assumere una badante. Tuttavia la pensione di mia madre è insufficiente a coprire le spese, pertanto noi due fratelli integriamo mensilmente la differenza.
Ogni tentativo per rendere nostro partecipe alle necessità della mamma è risultato vano ma non mi sembra corretto che egli si possa disinteressare totalmente della questione, cosa possiamo fare? Ringrazio e saluto.

Gentile Signora, l’ordinamento conferisce importanza fondamentale al gruppo familiare, dal quale sorge il dovere della reciproca assistenza e della solidarietà in relazione ai bisogni sostanziali della vita.

Presupposti essenziali per la richiesta di alimenti (ex art. 433 c.c. s.s.), dunque, sono lo stato di bisogno in cui versa l’alimentando nonché l’impossibilità di quest’ultimo di provvedere al proprio sostentamento.

Nel caso di specie, i figli sono obbligati a prestare gli alimenti in favore del genitore e dal combinato disposto con l’art. 441 c.c. deriva l’obbligo, in proporzione alle rispettive condizioni economiche, di contribuire al mantenimento.

La mancanza di accordo, dunque, vi legittima a proporre una domanda giudiziale diretta a veder condannare il “terzo fratello” a contribuire al versamento degli alimenti, in relazione alle proprie condizioni patrimoniali ed economiche.

Il Giudice, dunque, valuterà il tenore di vita degli obbligati e disporrà in merito alle modalità di somministrazione in favore di vostra madre. I miei migliori saluti.

Avv. Daniela Meneghelli, Sportello Donna Cernusco s/N.

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Padre violento e decadenza della potestà genitoriale

Padre violento, separazione e patria potestà. I timori di una mamma rispetto alla possibile “ricomparsa” del padre in futuro.

Nel 1997 ho sposato il padre di mia figlia, che oggi ha 13 anni. Il matrimonio è sempre stato difficile poiché costellato da ogni tipo di violenza fisica e psicologica, tanto che numerose denunce sono state presentate alle autorità nel corso del tempo. Ho divorziato oramai da parecchi anni da quest’uomo che è sempre stato aggressivo, indolente e dedito all’uso di sostanze stupefacenti, insomma un delinquente.

I procedimenti di separazione e di divorzio sono stati lunghi e molto sofferti, in particolare in relazione all’affidamento di mia figlia che, fortunatamente, è stata affidata in via esclusiva a me, con possibilità del padre di vederla alla presenza dei servizi sociali. Da qualche tempo, il padre non ha più contatti con nostra figlia e non corrisponde neanche il mantenimento! Nonostante ciò, temo che il medesimo possa ricomparire all’improvviso e pretendere di assumere decisioni importanti sul suo futuro.

Gentile Signora,

la normativa prevede che i figli restino soggetti alla potestà dei genitori sino alla maggiore età e che la stessa sia esercitata di comune accordo dal padre e dalla madre. La potestà genitoriale, però, deve essere rivolta all’esclusiva e totale cura dei figli, al loro benessere psico-fisico e ogni carenza quale l’assenza, il disinteresse, la superficialità nei rapporti oltre naturalmente alle carenze materiali, devono essere considerati elementi da cui può dedursi l’inadeguatezza del genitore all’esercizio dell’incarico a lui spettante.

A tal proposito, l’art. 330 c.c. prevede la possibilità che il Giudice possa pronunciare la decadenza dalla potestà dei genitori tutelando, in tale modo, il minore da condotte gravemente pregiudizievoli. La giurisprudenza, invero, per condotta pregiudizievole intende non solo maltrattamenti fisici, gravissime trascuratezze, disinteresse e/o incapacità di un comportamento assistenziale verso la propria prole, ma tutte quelle condotte che non danno in sé affidamento circa la capacità di mantenere, istruire, educare la prole .

Ove, dunque, sussista una reale minaccia per lo sviluppo psico-fisico della minore potrà proporre avanti il Tribunale dei Minori territorialmente competente domanda volta alla declaratoria di decadenza della potestà nei confronti della figura paterna.

Cordiali saluti

Avv. D.M. Sportello Donna Cernusco sul  Naviglio

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Espatrio figli di genitori separati

Genitori separati ed espatrio minorenni. Informazioni utili

Gentile avvocatessa,

sono separata da mio marito e il Tribunale ha deciso i tempi e modi secondo i quali il mio ex marito potrà vedere nostro figlio di tre anni. Preciso che il padre non è italiano e temo che, mosso dalla rabbia nei miei confronti, possa portare con sé all’estero senza il mio consenso il mio bimbo.

Gentilissima Signora,

ad oggi tutti i minori devono essere muniti di un documento individuale per espatriare e non possono essere più iscritti, come un tempo, sul documento dei genitori; ciò per evitare il pericolo della sottrazione internazionale. Entrambi i genitori, dunque, devono prestare assenso al rilascio del passaporto del minore e nel caso in cui questo manchi occorre adire il Giudice Tutelare affinché, previa valutazione di tutte le circostanze del caso concreto, rilasci il nulla osta.

La normativa inerente le modalità di espatrio è, dunque, diventata più stringente nel corso degli ultimi anni e il codice penale (art. 574 bis c.p.) oltre che le numerose convenzioni internazionali puniscono la sottrazione di minore creando istituzioni ad hoc che tutelano il genitore costretto ad affrontare tali difficoltà.

Presti attenzione a che, nei periodi in cui il padre (genitore non affidatario) tiene con sé il minore, non lo trattenga oltre il periodo stabilito e nel caso in cui abbia fondato timore che possa porre in essere tale tipo di reato richieda immediatamente al Tribunale competente un provvedimento che vieti l’espatrio.

I miei più cordiali saluti

Avv. D.M. (Sportello donna Cernusco s/N)

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Assegno mantenimento

Se l’ex marito rifiuta di corrispondere l’assegno di mantenimento.

Buongiorno avvocato, mi sono separata da mio marito nel luglio 2012 e il Tribunale ha stabilito in favore dei miei due figli un assegno di mantenimento di € 400 che però il medesimo rifiuta di corrispondere asserendo problematiche legate alla ditta dove presta attività lavorativa. Sebbene possa comprendere la crisi che imperversa, i miei bimbi hanno bisogno di soldi per crescere. Posso fare qualcosa? La ringrazio.

Gentilissima Signora,

il provvedimento emanato dal Tribunale competente è esecutivo, vale a dire, che Lei è legittimata ad agire coattivamente nei confronti di Suo marito per ottenere, attraverso un procedimento di espropriazione mobiliare, immobiliare e/o presso terzi, la corresponsione del dovuto.

In considerazione del persistente inadempimento, inoltre, la normativa (art. 156 c.c.) tutela l’avente diritto consentendogli di promuovere un giudizio volto ad ottenere un provvedimento che ordini, nel caso di specie al datore di lavoro di Suo marito, di corrispondere le somme direttamente a Lei. Cordiali saluti avv. D.M.

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Infortunio in condominio consigli legali

Uscendo da un palazzo sbatte contro la porta a vetri chiusa ma non segnalata. Può chiedere il risarcimento danni al condominio? Consigli legali dello Sportello donna.

Gentile Avvocato,

ho bisogno di un suo consiglio circa un evento che mi è capitato la scorsa settimana. Mi sono recata presso un ambulatorio medico per ritirare alcuni esami e all’uscita ho subito un sinistro. Mi spiego meglio: il centro medico è posto al piano terra di uno stabile e per accedervi si passa attraverso delle porte a vetri, quindi, si percorre l’androne condominiale sino ad arrivare all’ambulatorio medico. Ebbene, dopo aver ritirato gli esami ho percorso l’androne e all’uscita, convinta che la porta a vetri fosse aperta, vi sono andata a sbattere violentemente, cadendo a terra e procurandomi una bella cicatrice sulla fronte oltre che un forte spavento. Sono stata soccorsa dal portiere e preciso che tale porta a vetri non è segnalata, fatto salvo per due grossi vasi posti all’estremità della stessa. Posso chiedere il risarcimento danni? A chi? Il portiere mi ha riferito che molte persone hanno rischiato la mia stessa fine!

Gentilissima Signora,

il suo caso ricade nella fattispecie di cui all’art. 2051 c.c. “Danno cagionato da cose in custodia” ovvero il condominio, in persona dell’amministratore pro tempore, è responsabile di quanto accade nel condominio e dunque, anche del sinistro che Le è capitato. Chiarisco, tuttavia, che per ottenere il risarcimento del danno da Lei patito occorrerà dimostrare, attraverso fotografie, testimonianze etc., che l’insidia non era visibile ed evitabile. Sulla scorta di quanto descritto sembrerebbe evidente che la mancata segnalazione della porta a vetri rappresenti una carenza in termini di sicurezza con conseguente responsabilità del condominio per l’evento de quo, ciò soprattutto, come confermato dal portiere, quando il pericolo si è ripetuto più volte. In relazione al danno da Lei subito, inoltre, Le consiglio di conservare tutta la documentazione medica attestante le cure affrontate, al fine di poter avanzare domanda al condominio e all’assicurazione di quest’ultimo diretta ad ottenere il ristori dei danni fisici da Lei patiti.

Le auguro una pronta guarigione e saluto cordialmente

Avv. D.M.

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Se il venditore ritarda il rogito

Che fare se il proprietario non vuole concludere il rogito? E’ la situazione complicata cui si trova la signora che ha posto la sua domanda in un commento ad un post precedente. La riportiamo insisntesi con, a seguire, la risposta di Daniela Meneghelli, avvocata dello Sportello donna di Cernusco s/N.

[…] Mio marito ha acquistato una casa dove tuttora viviamo e dove sono stati ad oggi dati un ben 60% sul totale dell’immobile nel compromesso. Essendo una casa che apparteneva ad una vecchia società immobiliare, fallita in poco tempo, abbiamo inizialmente stipulato il compromesso con la stessa, fermandola con un 10%. Nel rilevarla, il vecchio costruttore e attuale proprietario ha ricevuto il restante 50% dal 60% precedentemente menzionato.

Ad oggi dal nostro ultimo incontro con lo stesso, sono passati 6 mesi durante i quali ci aveva promesso di “rogitare” (a date stabilite scadenziali!) senza mai avere successo. Rimanda sempre l’appuntamento, una volta un problema, una volta un altro… e non se ne viene mai a capo! Il notaio poi non accenna a nulla… neanchè ad un sollecito! Noi in tutto questo abitiamo dentro consenzientemente con il proprietario (solo a voce, nulla di scritto!) […]

Tra una bugia e l’altra noi non siamo proprietari, viviamo dentro, paghiamo le tasse, ma per il resto io ho paura che questo gioco possa nascondere un’eventuale sorpresa futura. […]. C’è da specificare che l’attuale proprietario/costruttore deve ancora ricevere il 40% finale della quota… ma intanto anche se SEMBRA essere contro i suoi interessi, la cosa non accenna a cambiare… […], noi siamo proprietari ma allo stesso tempo non lo siamo e non possiamo esercitare tutti i diritti pieni sull’abitazione (come un eventuale variazione di progetto etc…) ed io ho fortemente paura. Può gentilmente dirmi quale via devo intraprendere… sebbene presuppongo sia solo una bella denuncia?! 🙁 Attendo vostre notizie. Grazie!

Gentilissima Signora,

la situazione che mi ha descritto appare molto articolata e complessa e, sinceramente, non mi è chiara la posizione assunta dalla citata “agenzia”. In ogni caso, la proprietà dell’immobile si trasferirà con l’atto definitivo di vendita e l’unico modo per ottenerlo, ove il venditore non presti spontaneamente il proprio consenso, è quello di instaurare un giudizio ex art. 2932 c.c. rubricato “esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contatto”. Agire in giudizio significa rivolgersi a un avvocato e fare causa. Attraverso tale azione giudiziale, invero, potreste ottenere un provvedimento del Tribunale competente volto ad obbligare la controparte (rectius il proprietario) a rogitare. Spero, inoltre che il preliminare (cioè il compromesso) sia stato trascritto in Conservatoria in modo tale che sia opponibile a terzi. Non essendoci un’agenzia che media la compravendita, la trascrizione del preliminare è a carico di acquirente e venditore.

Sulla scorta di quanto da Lei descritto, quindi, non posso che consigliarLe di rivolgersi ad un legale per ottenere la più ampia tutela dei Vostri diritti, anche e soprattutto in considerazione delle ingenti somme di cui usualmente si discute nei contratti di compravendita. A disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento, anche presso lo Sportello Donna, porgo i miei migliori saluti. Avv. D.M.

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Acquisto casa in costruzione

Gentile Avvocato, devo acquistare una casa in costruzione e vorrei sapere alcuni accorgimenti da adottare prima della sottoscrizione del compromesso. In attesa di suo cortese riscontro, ringrazio e saluto

Gentilissima Signora, la compravendita di un immobile in costruzione presenta, nonostante la recente normativa a tutela del promissario acquirente (d.lgs 20.6.2005 n. 122), alcuni rischi legati soprattutto ad eventuali situazioni di crisi che dovessero colpire il costruttore, pertanto, considerando che nella maggior parte dei casi il denaro investito nell’affare assume dimensioni importanti, Le consiglierei di rivolgersi ad un professionista che La possa indirizzare nel caso concreto, all’occorrenza apponendo all’interno dello stipulando preliminare alcune clausole a Sua salvaguardia.

In ogni caso, personalmente farei eseguire, innanzitutto, una visura camerale sulla società venditrice/costruttrice in modo da poter accertare l’esistenza e lo stato della stessa. Secondariamente, è necessario prestare attenzione al rilascio, da parte del costruttore, della garanzia fideiussoria volta a garantire la restituzione delle somme elargite nel caso in cui lo stesso versi in una situazione di crisi.

Infine, Le converrebbe trascrivere presso la competente conservatoria dei Registri Immobiliari il contratto preliminare de quo, mediante l’ausilio di un Notaio, al fine di poter far valere il contratto in caso di eventuale procedura concorsuale (es. fallimento) a carico della società costruttrice.

La saluto cordialmente e Le rammento che la sottoscritta presso lo Sportello Donna è a Sua disposizione per eventuali e più puntuali chiarimenti. Avv. D.M.

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Eredità della casa e asse ereditario

Io e mio marito abbiamo acquistato casa insieme, in proprietà di due terzi di lui e un terzo mio (come scritto sul rogito). Poi ci siamo sposati in regime di comunione dei beni. Mio marito ha un figlio nato prima del nostro matrimonio, mentre io non ho figli ma i miei genitori in vita e dei fratelli. Insieme non abbiamo avuto figli. In caso di decesso di uno dei due, come sarebbe suddivisa l’eredità della casa? Il vedovo o la vedova potrebbe continuare a viverci? Antonia

Gentilissima Signora Antonia,

innanzitutto, preciso che i beni acquistati prima del matrimonio rimangono di proprietà esclusiva del coniuge e non entrano a far parte del regime di comunione dei beni.

Nella fattispecie da Lei prospettata, l’asse ereditario di ogni coniuge è costituito dalla rispettiva quota di proprietà dell’immobile, vale a dire quota di 2/3 della casa familiare in caso di decesso del marito e 1/3 della casa familiare in caso di decesso della moglie.

In particolare: ove dovesse venire meno il marito, eredi legittimi sarebbero il figlio nella misura di 1/2 e il coniuge nella misura di 1/2, ovviamente limitatamente alla quota di proprietà di spettanza del marito.

Nell’ipotesi in cui dovesse mancare la moglie, invece, eredi sarebbero il marito nella misura di 2/3 mentre i genitori e i fratelli (in percentuali differenti tra loro) nella quota di 1/3, sempre considerando unicamente la quota di proprietà della moglie.

Preciso, infine, che al coniuge è riservato il diritto di abitazione della casa familiare (art. 540 c.c.).

Resto a disposizione per qualsiasi chiarimento e porgo i miei migliori saluti

Avv. DM
 
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