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Senza paura

L’Assessorato alle Culture e alle Pari Opportunità, in occasione delle Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne che si celebra il 25 novembre, ha organizzato per mercoledì 27 novembre alle 21 presso “La Filanda” il

concerto letterario “Senza Paura”

Sarà un’ulteriore occasione per riflettere, accompagnati dalla fisarmonica di Sara Calvanelli e dalle parole della voce recitante di Sandra Zoccolan, su un tema scottante e così diffuso tanto che altri dati dicono che una donna su tre, in età compresa tra i 16 e i 70 anni, è vittima di violenza e che il 35% di queste non presenta denuncia.

“Purtroppo dobbiamo constatare – ha dichiarato l’Assessore alle Culture e alle Pari Opportunità Rita Zecchini – che le leggi che sono state adottate in questi anni contro la violenza sulle donne non bastano ad arginare il problema. Bisogna, infatti, intervenire sull’aspetto educativo e culturale della nostra società: solo agendo in questo modo si otterranno dei risultati. In particolare a cambiare deve essere il rapporto tra l’uomo e la donna che deve essere costruito a tutti gli effetti come un rapporto positivo ed alla pari. Ricordo – ha concluso l’Assessore – anche i progetti che stiamo realizzando nelle scuole per coinvolgere in prima persona i giovani affinché costruiscano consapevolezza per sconfiggere la violenza sul nascere toccando le corde profonde della relazione uomo-donna e nutrendola di concetti come rispetto, uguaglianza e amore”.

Ricordiamo i numeri: Centoventi donne uccise in Italia da partner o ex partner nel corso del 2012. Sessantacinque, invece, i femminicidi registrati, sempre nel nostro Paese, dallo scorso gennaio ad oggi. La violenza contro le donne è dunque un terribile fenomeno che non accenna a diminuire e che va contrastato con ogni mezzo.
Nel corso della serata sarà inoltre proiettato il cortometraggio “Tu mi fai girar… come fossi”, realizzato da ragazze e ragazzi del Centro di Aggregazione Giovanile Labirinto di Cernusco e vincitore del concorso “Rompere il silenzio”, promosso dalla Provincia di Milano, che in soli sessanta secondi riesce a trattare il tema della violenza sulle donne. Chi si recherà alla Filanda per seguire il concerto avrà anche la possibilità di visitare l’anteprima della mostra fotografica “Dedicato alle donne – omaggio alla femminilità e alle sue sfumature” con le immagini realizzate dal Circolo Fotografico Carpe Diem di Cernusco.

Dal 30 novembre al 14 dicembre la mostra sarà allestita nei locali della Biblioteca.

 

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Lo sguardo di Giulia contro la violenza sulle donne

martedì 12 novembre, a partire dalle ore 17.30, presso l’Umanitaria a Milano, premiazione del concorso “Lo sguardo di Giulia”

 
“Chiamala violenza, non amore”, ovvero chiama il pane pane, il vino vino, le botte violenza: sia quando parli con parole sia quando ti esprimi per immagini.

E’ il tema della prima edizione da poco conclusa del premio “Lo sguardo di GiULiA”, organizzato dal gruppo lombardo dell’associazione nazionale delle “Giornaliste Unite, Libere, Autonome”.

All’iniziativa hanno partecipato 44 fotografi, professionisti e non, tra cui una decina di ragazzi sotto i 18 anni, che hanno raccolto la sfida di dare forma a un’idea innovativa, drammatica o ironica, per rappresentare la violenza sulle donne al di fuori dei soliti stereotipi, deprimenti e offensivi.
Tra le 125 foto ed i 7 video ricevuti, la giuria composta dal coordinamento di GiuliaLombardia ha scelto 6 autori, che verranno premiati ed esposti, insieme a un’altra trentina di opere selezionate,

nel Chiostro dei Glicini, alla Società Umanitaria (ingresso da via San Barnaba 48) dal 12 al 16 novembre 2013.

La sera dell’inaugurazione, martedì 12 novembre, a partire dalle ore 17.30 si terrà la consegna dei premi e il varo della mostra, aperti al pubblico e accompagnati da due brani dell’attrice Consuelo Ciatti, tratti dallo spettacolo «Sangue Nostro» sulla violenza, tema che tornerà anche nei saluti della delegata del sindaco Francesca Zajczyk e di Anita Sonego, presidente della Cpo del Comune di Milano. Comune di Milano che ha dato il suo patrocinio alla mostra. Mentre la Società Umanitaria ha offerto gli spazi sino a sabato 16 novembre.

L’obiettivo del premio nasce dal desiderio delle giornaliste di cambiare l’immaginario vecchio e maschilista legato alla violenza sulle donne, che troppo spesso i media alimentano con fotografie tra sensazionalismo e vittimizzazione, rappresentando perlopiù figure femminili giovani, accovacciate per terra, scarmigliate e seminude, senza mai rendere visibile l’aggressore.
Uno sguardo e una sensibilità diversi segnano invece le opere dei numerosi partecipanti. In particolare Rossella Leone, nella categoria under 18, ha vinto il primo premio per il suo delicato ritratto “Le donne non si toccano nemmeno con un fiore”. Tra i non professionisti, è stato premiato Marco Castelli di Firenze, autore di una serie di “donne nel mirino” (“Shooting”), mentre Armando Casalino di Trieste ha vinto per il suo progetto che indaga forme di violenza di altre culture, come l’infibulazione, il breast ironing o l’obbligatorietà del burqa. Premio ex aequo per due professioniste: Karen Di Paola di Roma che in “Freedom” raffigura una donna con il volto rinchiuso in una sorta di gabbia e Ylenia Carnevali di Lucca che ironizza sull’ambiguità dell’“uomo perfetto” oscillante tra tenerezza e brutalità.
Il video premiato, del romano Paolo Samarelli è un breve, provocatorio disegno animato che trasforma un cuore in una mano pronta a colpire.
Scarica la locandina

Stop al femminicidio consigli di lettura

La Biblioteca sorregge idealmente lo striscione Stop al femminicidio, affisso sulla facciata di Villa Greppi.

Sulla spinta dall’atroce rincorrersi quotidiano dei fatti di cronaca molti sono i libri che negli ultimi tempi, ma non solo, sono stati scritti sul tema del femminicidio. Testimonianze, inchieste, analisi che tentano di riflettere e dare un senso alla mattanza (non vogliamo chiamarlo ‘fenomeno’, il termine ha una patina di ‘naturale’ per qualcosa che di naturale non ha nulla). Sono scritti quasi tutti di donne, anche se i primi a riflettere su questo stato di cose dovrebbero essere proprio i maschi, ritrovando nel proprio inconscio personale e di genere, nel proprio modo di pensare i rapporti, nel proprio bisogno di possesso, nella propria taciuta fragilità i prodromi della violenza.

La Biblioteca di Cernusco offre una selezione dei testi esistenti su fatti che sono spesso conseguenza di altri come la violenza domestica e sessuale, e lo stalking. I libri sono disponibili presso la biblioteca di Cernusco e le altre biblioteche del Sistema Nord est Milano.

  • Nessuna più: quaranta scrittori contro il femminicidio, Elliot 2013
  • Dandini Serena, Ferite a morte , Rizzoli 2013
  • Iacona Riccardo, Se questi sono gli uomini, Chiarelettere 2012
  • Galante Rose, Perché non lo lascio, Antigone 2012
  • Magaraggia Sveva, Uomini contro le donne, Utet 2013
  • Amorosi assassini: storie di violenze sulle donne, Laterza 2013
  • Ponzio Giuliana, Crimini segreti Baldini Castoldi Dalai 2004
  • Barsotti Alessandra, Stalking, Ponte alle Grazie 2011

 

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Contro la violenza maschile sulle donne a partire dalla scuola

“Altre relazioni sono possibili”. L’esperienza realizzata nella scuola media

La scuola è finita. Sta per cominciare il periodo dell’ozio creativo, che sembra una contraddizione in termini, ma favorisce il pensiero divergente, quello che cerca nuove strade, come ci spiegano gli esperti dell’età evolutiva. Tuttavia, anche in periodo di vacanza si può parlare di scuola, soprattutto di iniziative che meritano di essere conosciute anche solo per la loro “singolarità”rispetto al tradizionale iter scolastico.

A fine maggio in Biblioteca, la cittadinanza di Cernusco ha avuto la possibilità di conoscere l’esperienza proposta ai ragazzi e alle ragazze di terza media su un progetto dal titolo: Altre relazioni sono possibili. Contro la violenza maschile sulle donne.

Penso si sia trattato di un’offerta formativa che capita di rado, ma di cui c’è bisogno come il pane, più che un’opportunità è oggi una necessità.

L’ obiettivo principale del progetto era parlare coi ragazzi dei rapporti di vita quotidiana, con gli intenti più specifici di riconoscere alcuni segnali di pericolo rispetto alla violenza e di indagare altri modi di pensare e vivere le relazioni.

Il valore aggiunto stava nell’approccio: educare alla relazione non attraverso regole date, ma a partire dalla riflessione sulla realtà che i ragazzi sperimentano nel quotidiano.

Questi l’origine e le tappe del progetto realizzato: L’UDI di Cernusco e Martesana, da sempre sensibile al problema della relazione tra i sessi e incalzato dall’emergenza femminicidio, ha proposto un intervento nelle scuole ad opera di esperti esterni, Eleonora Cirant e Alessio Miceli; l’Amministrazione Comunale ha accolto la sollecitazione nella persona dell’assessora Rita Zecchini; le insegnanti Marisa Chiappa e Tiziana Buccolieri hanno accettato, dopo l’iniziale perplessità riguardo al tempo da sottrarre al programma ordinario; l’intervento è stato realizzato in due classi terze della Media Aldo Moro; infine in Biblioteca sono avvenute la relazione conclusiva, la verifica e la condivisione pubblica.

Chi ha partecipato all’incontro ha capito quello che è stato possibile affrontare con i ragazzi, che, al di là delle risate e delle turbolenze mostrate in sala, si sono “rivelati” attraverso i filmati dell’esperienza. Sono risultati evidenti le loro potenzialità nascoste, la capacità di riflettere sui comportamenti, l’intelligenza delle relazioni a cui è possibile mirare.

Credo che siano almeno tre i fattori che hanno contribuito alla riuscita dell’intervento.

Presenza di esperti esterni. Una donna e un uomo, rappresentanti di entrambi i sessi e sciolti dai vincoli dell’insegnamento tradizionale impostano con competenza un percorso, seguendo un approccio adatto all’età e alla delicatezza del tema.

Non giudicano, non suggeriscono soluzioni preconfezionate, non prevaricano. Insieme ai ragazzi non si indaga sui comportamenti, ma si stimola la riflessione, si facilita la comunicazione, si individuano spazi di possibilità positive senza sottovalutare la realtà negativa. Soprattutto non si parla del mondo lontano, che spesso lascia indifferenti, ma si osserva il proprio in modo critico. Penso che in educazione il fine sia importante, ma un buon metodo è tutto.

Disponibilità degli insegnanti. Due insegnanti(non molti per la verità) capiscono la necessità e il valore della proposta e scelgono, anche se comporta sacrificare un po’ il programma. Acconsentono anche a “farsi da parte”, escono dall’aula per permettere ai ragazzi un più libero e autentico confronto: una ammirevole apertura, non così frequente nella classe docente.

Sinergia di intenti. L’iniziativa vede unite l’associazione UDI, la scuola media Aldo Moro e l’assessorato alla Cultura , con una sinergia di intenti e una comunicazione tra diverse settori che sarebbe auspicabile per qualunque progetto di rilevanza sociale.

Di fronte a emergenze come il radicarsi della violenza sulle donne e su chi mostra un diverso orientamento sessuale, si è ormai capito che occorre intervenire sulla cultura che fornisce terreno al fenomeno.

Proprio in questo periodo la Camera ratificando la Convenzione di Istanbul, ha sottolineato due principi essenziali della violenza di genere: la sua specificità nell’ambito della violazione dei diritti umani fondamentali e soprattutto il suo manifestarsi come risultante di rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, gli stessi che hanno portato alla discriminazione della donna e che ne impediscono la piena emancipazione.

Si tratta di un riconoscimento importante come importanti sono i capisaldi indicati: prevenzione, protezione, giustizia. Certo occorre che ci sia la volontà di far vivere con le azioni quello che c’è sulla carta, e per voltare davvero pagina occorre il contributo di tutti.

Credo che il progetto realizzato nella scuola si sia inserito coerentemente in questa prospettiva. Proprio perché la violenza ha le sue radici nella cultura del possesso e della subalternità dell’altro, credo che occorra educare alla relazione, a partire dalla propria vita, ma in una forma diversa che metta in gioco l’esperienza e non preveda troppe teorie né regole imposte.

Forse il metodo di “partire da sé” che è stato suggerito ai ragazzi e la sfida a vivere non subendo i modelli, andrebbero applicati anche solo per conoscersi meglio e misurare le distanza tra ciò che si è e ciò che si desidera. Per una identità ancora in costruzione mi sembra più che mai necessario il lavoro di presa di coscienza e di modificazione, esattamente quello che è stato fatto con le ragazze e i ragazzi della scuola.

Penso che, al di là dell’obiettivo di contrastare la violenza, continuare a riflettere e a interrogarsi sulle relazioni, può servirci a svelare abitudini e pregiudizi, magari inconsapevoli, del passato. Soprattutto sono convinta che costruire la collettività a partire dalla relazione, sia una ricetta che si adatta a tutte le età e per tutto il corso della vita.

Rosaura Galbiati

Altre relazioni possibili contro la violenza sulle donne

Eleonora Cirant (saggista e redattrice di “Cernuscodonna.it”)  e Alessio Miceli (insegnante, Associazione “Maschile Plurale”) presentano i risultati del laboratorio con i ragazzi e le ragazze delle terze media di Cernusco. Interverrnno l’assessora Rita Zecchini e il gruppo Udi Donnedioggi.

Altre relazioni sono possibili  CONTRO LA VIOLENZA sulle DONNE

Mercoledi’ 29 maggio 2013, in Biblioteca, via Cavour, ore 17.30-19.00

Invitiamo i docenti, i ragazzi, i genitori e tutte le persone interessate ad un vero cambiamento nel rapporto tra i generi.
Il seme del rispetto e dell’uguaglianza tra donne e uomini  germoglia con l’educazione dei giovani
L’incontro è organizzato dal Gruppo Udi Donnedioggi e dal Comune di Cernusco
 

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La banalità di ammazzare una moglie

Trasmettiamo il comunicato stampa della Casa delle donne maltrattate di Milano.

Alla trasmissione di Corrado Formigli in onda il 29 aprile 2013 la giornalista Lucia Annunziata, esprimendo opinioni sul grave fatto accaduto a Roma davanti a Palazzo Chigi, ha affermato che l’uomo che ha sparato ai carabinieri ha compiuto un gesto diverso da quello [più normale?] di altri che nella disperazione si tolgono la vita gettandosi da un ponte o sparano alla moglie

Il centro antiviolenza  si domanda

come mai una giornalista attenta e sensibile come Lucia Annunziata abbia potuto così leggermente fare una annotazione di questo tipo. Come se ammazzare la moglie sia ormai diventato quasi un luogo comune e un dato scontato delle reazioni “umane” maschili!

E invita tutti, soprattutto i giornalisti che danno informazioni e commentano notizie, a non banalizzare e rendere scontate tragedie che colpiscono le donne che fanno scelte di autonomia e che vengono punite proprio nelle loro espressioni di libertà.
Se ne riparlerà il 14 maggio alle ore 10,30 alla Conferenza Stampa della Casa delle Donne Maltrattate di Milano dove verranno esposti i dati raccolti dalle avvocate di Cadmi e dai Centri Antiviolenza della Regione Lombardia. Dove si discuterà anche delle archiviazioni, delle mediazioni, e di tutti i percorsi che negano la violenza familiare e la banalizzano in conflitto tra coniugi mettendo a rischio la vita
Milano, 30 aprile 2013

Solidarietà tra donne come antidoto alla violenza

La solidarietà tra donne è un antidoto formidabile al maltrattamento e alla violenza sulle donne, sia dentro che fuori casa. Ne parliamo con Marisa Carta, responsabile del Centro azione donne maltrattate (Cadom) di Monza. Il Cadom di Monza è attivo da 1994, oggi con 40 volontarie, di cui 4 avvocate (penaliste e civiliste) e 3 psicologhe.

La rete contro il maltrattamento

Lavoriamo molto sulla prevenzione, soprattutto nelle scuole, dove l’obiettivo è sia di far capire che le relazioni possono essere non violente, sia di combattere ruoli e stereotipi dentro cui si annida la violenza di genere. Inoltre portiamo avanti progetti di formazione e corsi di approfondimento sia per le volontarieche per operatori e operatrici dei servizi socio-sanitari e delle forze dell’ordine.

In Brianza le operatrici del Cadom di Monza sono state formatrici all’interno del progetto  Artemide, che ha permesso di arrivare alla formazione di un Protocollo d’intesa. Firmato la prima volta nel 2010, è stato riconfermato nel 2012 per il 2013 ed  ha permesso di creare una rete contro il maltrattamento

E’ una rete vasta e complessa, di cui fanno parte le forze dell’ordine, associazioni, Comuni, operatori del terzo settore, medici, operatori di pronto soccorso. Praticam siamo riuscite a coprire quasi tutta la Brianza (solo distretto di Desio è rimasto fuori perché in quel momento il Comune era commissariato)

Le utenti

Nel 2012 sono state accolte 243 donne, 70 da Monza e il resto dalla Provincia. Queste le cause:

  • 42% maltrattamento psicologico,
  • 31% maltrattamento fisico
  • 14% maltrattamento economico
  • 7% stalking (in aumento)
  • 6% violenza sessuale agita dal partner

Il 90% maltrattanti sono italiani.

L’attività nelle scuole

Quando un ragazzo o una ragazza affermano, come ci è capitato: “Sì i miei genitori mi picchiano (in modo violento) però mi vogliono bene”. Noi chiediamo che cosa vuol dire “volere bene”? Cosa vuol dire “rispettare”? Lavoriamo sul rispetto e sul riconoscimento reciproco

Capita a volte di dover spiegare a ragazzi e ragazze cosa sia uno stupro. Capita che emergano fuori anche casi di violenza assistita vissuta da ragazzi e ragazze. Tra i progetti infatti c’è anche la formazione alle insegnanti x riconoscere segni violenza subíta.

Solidarietà femminile come antidoto alla violenza

Con quasi 30 anni di esperienza alle spalle, Marisa si dichiara fermamente convinta che molti casi di maltrattamento sarebbero “stoppati” sul nascere se ci fosse maggiore attenzione da parte delle donne. Dice:

Mi ha colpito una frase, quando è stata uccisa una donna extracomunitaria a Bernareggio e una delle sue amiche ha detto: “lo sapevo che sarebbe finita così”. A parte rimanerci malissimo, mi sono molto arrabbiata. Se io voglio bene a una persona, se sono sua amica,  cerco in tutti i modi di tirarla fuori. Non è che la prendo di peso e la porto in un centro anti-violenza, perché questo non cambierebbe assolutamente niente, nel senso che la donna per rivolgersi a noi deve essere convinta di quello che fa.

Il Cadom di Monza, come tutti i centri antiviolenza, accetta le segnalazioni ma non prende mai appuntamento per terze persone. Cosa può fare, dunque, un’amica? Può spezzare l’isolamento cui nasce e cresce la violenza.

Deve essere la donna che subisce il maltrattamento a telefonare, perché deve essere lei a prendere questa decisione. Però il mio compito è portarla piano piano a prendere questa decisione. Solidarietà nel senso di fare uscire la donna che vive il maltrattamento dal senso di profonda solitudine che vive all’interno del maltrattamento. Le donne che vengono da noi ci raccontano proprio dell’isolamento che vivono anche all’interno della famiglia. Magari con le sorelle che non dicono niente o che dicono “te lo sei scelto tu, gestiscitelo tu il problema”

Quindi solidarietà è appoggio, accompagnamento.

Abbiamo notato che le donne che vengono da noi accompagnate da un’amica, sono quelle che più facilmente iniziano un percorso di uscita dalla violenza. Perché sanno di avere un sostegno, persone che le ascoltano e soprattutto che non le definiscono delle cretine perché hanno subito situazioni pesanti per anni.

Da sole non è possibile farcela, dice Marisa.

La cosa più deleteria che può vivere una donna che subisce un maltrattamento è l’isolamento, di doversi gestire tutto lei. C’è tutto il problema della colpevolizzazione, il fatto di sentirsi adeguata, di non potersi muovere, di non poter tutelare adeguatamente i figli. Tutta una serie di dinamiche da scardinare… da sola non si può.

Al Centro anti-violenza siamo tutte donne

In tutti i centri della rete regionale e nazionale lavorano solo donne.  Siamo partite dall’idea che la donna per parlare dei suoi problemi ha bisogno di trovarsi davanti un’altra donna. Almeno nelle fasi iniziali la figura maschile è una figura, diciamo, compromettente. Questo non vuol dire che non si trovino delle persone estremamente attente, ad esempio tra le forze dell’ordine, con grandi capacità di accoglienza e ascolto. Però noi ci muoviamo sul terreno del rapporto tra donne.

E.C.

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Le donne parlano di violenza

In questa pagina pubblichiamo alcuni brani delle interviste realizzate nel corso del progetto Prenditi per mano. Campagna informativa per contrastare la violenza contro le donne. Un progetto di contrasto alla violenza contro le donne realizzato nel 2010 dall’Associazione BLIMUNDE, con i Comuni di Cernusco S/N, Pioltello, Vimodrone.

Perché le donne sono insicure?

le motivazioni sono tante perché ci si può sentire deboli perché non abbiamo avuto mai situazioni alla pari con chi si confronta con noi. Sul lavoro per esempio o quando sei già mamma devi fare la mamma e non puoi fare altro, invece non è vero e lì ti senti diversa, meno avanti rispetto al compagno.

(…) per quanto riguarda il subire la violenza che non vedo come violenza fisica in questo caso, sono … i sensi di colpa … nel mio caso gioca molto .. del tipo .. se io penso di aver fatto una cosa non del tutto giusta, se poi vengo ripresa, mi si fa notare, oppure vedo qualcosa che non approvo fino in fondo, io non lo faccio presente, sto zitta perché secondo me prima ho sbagliato e quindi il senso di colpa mi schiaccia. … Perché non esco da questo giro? (F1-e)

Perché le donne subiscono violenza?

a me la violenza fa venire in mente la guerra e la guerra che cos’è se non un modo per conquistare, avere più potere? Quando si fa violenza su una persona è perché io ho più potere di te, posso farlo perché sono più forte, devo controllarti. Secondo me è una caratteristica culturale più tipica dell’uomo che della donna, quella di voler affermare il proprio potere (F3-m);
Quando io subisco una violenza reagisco, se non reagisco è perché non ne ho i mezzi: economici e non ho l’attenzione (degli altri intende) perché se una donna scompagina l’ordine che secondo la società è quello che deve essere, ha il deserto intorno. … (F1-r)
(…) però non abbiamo gli strumenti, non siamo allenate come potrebbero essere gli uomini e poi appunto abbiamo tutta la società intorno che ci colpevolizza. La società non vuole che cambi niente, perché deve cambiare? (F 1f)

Cos’è la violenza contro le donne?

È distruttiva perché lascia le donne da sole, le copre di vergogna, le fa sentire diverse da chi la violenza non la subisce.

Subire violenza è quasi una colpa… e anche psicologicamente una si sente inferiore per aver subito una violenza di tipo psicologico e sono proprio quelle che ti fanno sentire inferiore, stupida per averla subita. Quindi è una specie di gatto che si morde la coda (F2-l).
la violenza presuppone la mancanza di rispetto delle persone. … La violenza può essere fisica ma anche più sottile, come affermare il proprio potere su quella persona, di predominio (F3-m).

Le immagini della violenza

Terrore, odio, paura, rancore, disgusto, disprezzo.
(riferendosi alla morte del padre) io non odio, io non ho provato niente, il niente totale e penso che sia la cosa peggiore. … Ho avuto paura di questo niente totale. (…) Il niente è niente. È’ la cosa più brutta di questo mondo. (F3-f)

I luoghi della violenza

La gran parte delle violenze contro le donne avviene tra le mura domestiche ma, spesso, sono indicati i luoghi esterni come quelli che maggiormente “mettono paura”.

Le donne declinano sapientemente quest’apparente contraddizione, imputando ai media e a certi stereotipi culturali l’immagine della violenza come “luogo esterno”, e anche contestualizzando gli avvenimenti:

Penso che le donne possano sentire la paura secondo la loro situazione personale: la persona che vive un contesto familiare insicuro avrà paura anche in casa immagino, se vive una situazione difficile nel lavoro vivrà una situazione di angoscia anche andando al lavoro (F3-m).

Cosa vogliono le donne? E cosa suggeriscono?

Desiderano servizi adeguati, con operatori opportunamente preparati ad accogliere le donne vittime di violenza e molte lamentano la scarsità/assenza di questi servizi sul loro territorio:

creare, a mio giudizio, dei modi (sportelli, telefoni, questi …) accessibili per le donne che si sentono in difficoltà e sole, soprattutto, in modo da non lasciarle da sole, in modo da favorire lo scambio delle informazioni. (F3-p).

Chiedono informazione,

le donne devono sapere con chiarezza quali sono le loro tutele, i loro diritti e riferimenti in materia di violenza. Ma anche quel sapere che aiuta le persone a fare, a cambiare:
innanzitutto spendere più soldi per programmi di questo tipo (rif. al progetto in atto), meno omertà, e più consapevolezza che un abusato può essere un abusante. (…) La violenza non è sempre degli altri, gli altri non sono sempre gli altri, possiamo essere noi (F3-f).

Vogliono un cambiamento educativo e culturale:

La questione culturale, connessa a quella educativa è molto importante:
per me questa è la parte fondamentale: mettere le donne, istruirle fin da piccole, in condizione di scegliere, sapere cosa è giusto per l’uno o per l’altra … (F2-mc)
Anche le famiglie, nel loro piccolo, devono promuovere modelli di parità tra maschi e femmine, di rispetto, condivisione e di scoraggiamento dei comportamenti aggressivi e violenti.

Suggeriscono di costituire dei gruppi di donne volti alla ricerca del lavoro e dello scambio di attività, che possano permettere loro di costruirsi l’indipendenza economica;

Suggeriscono di costruire la solidarietà tra le donne, intesa come momenti collettivi, di auto-mutuo aiuto e anche di azione nel contrasto alla violenza, per la costruzione della consapevolezza di sé e del proprio vissuto, per la promozione di comportamenti e attitudini virtuose:

prendere consapevolezza di sé, avere più autostima, confrontarsi di più con le altre (F2-l);

A cura di Lia Lombardi

Vedi l’abstract della ricerca e la presentazione della campagna

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www.repubblica.it/2006/05/gallerie/cronaca/corteo-violenza-donne/1.html

Padre violento e decadenza della potestà genitoriale

Padre violento, separazione e patria potestà. I timori di una mamma rispetto alla possibile “ricomparsa” del padre in futuro.

Nel 1997 ho sposato il padre di mia figlia, che oggi ha 13 anni. Il matrimonio è sempre stato difficile poiché costellato da ogni tipo di violenza fisica e psicologica, tanto che numerose denunce sono state presentate alle autorità nel corso del tempo. Ho divorziato oramai da parecchi anni da quest’uomo che è sempre stato aggressivo, indolente e dedito all’uso di sostanze stupefacenti, insomma un delinquente.

I procedimenti di separazione e di divorzio sono stati lunghi e molto sofferti, in particolare in relazione all’affidamento di mia figlia che, fortunatamente, è stata affidata in via esclusiva a me, con possibilità del padre di vederla alla presenza dei servizi sociali. Da qualche tempo, il padre non ha più contatti con nostra figlia e non corrisponde neanche il mantenimento! Nonostante ciò, temo che il medesimo possa ricomparire all’improvviso e pretendere di assumere decisioni importanti sul suo futuro.

Gentile Signora,

la normativa prevede che i figli restino soggetti alla potestà dei genitori sino alla maggiore età e che la stessa sia esercitata di comune accordo dal padre e dalla madre. La potestà genitoriale, però, deve essere rivolta all’esclusiva e totale cura dei figli, al loro benessere psico-fisico e ogni carenza quale l’assenza, il disinteresse, la superficialità nei rapporti oltre naturalmente alle carenze materiali, devono essere considerati elementi da cui può dedursi l’inadeguatezza del genitore all’esercizio dell’incarico a lui spettante.

A tal proposito, l’art. 330 c.c. prevede la possibilità che il Giudice possa pronunciare la decadenza dalla potestà dei genitori tutelando, in tale modo, il minore da condotte gravemente pregiudizievoli. La giurisprudenza, invero, per condotta pregiudizievole intende non solo maltrattamenti fisici, gravissime trascuratezze, disinteresse e/o incapacità di un comportamento assistenziale verso la propria prole, ma tutte quelle condotte che non danno in sé affidamento circa la capacità di mantenere, istruire, educare la prole .

Ove, dunque, sussista una reale minaccia per lo sviluppo psico-fisico della minore potrà proporre avanti il Tribunale dei Minori territorialmente competente domanda volta alla declaratoria di decadenza della potestà nei confronti della figura paterna.

Cordiali saluti

Avv. D.M. Sportello Donna Cernusco sul  Naviglio

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Non è amore

L’amore non c’entra niente.

Femminicidio: una guerra.Prevenire o curare?

Interviene Alessio Miceli, della Associazione Maschile plurale
Coordina Eleonora Iula, sezione Anpi di Melzo (Associazione nazionale partigiani italiani)
Dibattito organizzato da Anpi Melzo in collaborazione con il Comune di Melzo e il Liceo Giordano Bruno
Letture a cura di Tino Danesi
Martedì 26 marzo ore 20.30
palazzo Trivulzio, Sala Vallaperti, via Dante 2, Melzo
In questo incontro il femminicidio è visto dalla parte degli uomini che si interrogano e provano valutare cosa fare per  cambiare la cultura il modo di pensare maschile. Spiega Maria Piccirillo, dell’Anpi di Melzo:

Appenderemo alle pareti i nomi delle donne uccise nel 2012 ed evidenzieremo, come risulta dai dati forniti dalla Casa delle donne maltrattate di Bologna, che gli omicidi sono compiuti da mariti, figli, conviventi, nipoti.., tutte persone vicinissime alle donne.

L’incontro fra parte di una collaborazione che inizia nel 2012 tra Anpi e liceo scientifico G.Bruno e precisamente con il gruppo teatrale Paersonaetis.
Il progetto prevede di approfondire 3 date (uguali ogni anno: 27 gennaio, 8 marzo, 25 aprile).
Ogni data  è articolata in questo modo: è previsto uno spettacolo teatrale eseguito dal gruppo teatrale coordinato dalla prof.ssa Cristina Ballotta, a cui segue un incontro aperto sul tema inerente la data trattata.
Per l’otto marzo la sera del 9 i ragazzi e le ragazze hanno rappresentato L’ALTRA META’ DEL CIELO al Teatro Trivulzio di Melzo.