Donne, di Andrea Camilleri

“Donne” è l’ultimo libro di Andrea Camilleri, pubblicato per Rizzoli. 39 ritratti di figure femminili tutte diverse, alcune conosciute realmente ed altre invece riferimenti epici o protagoniste di opere liriche.

Per ognuna di loro Camilleri definisce il profilo, esalta il carattere, il temperamento e lo stile

Sono donne attraverso le quali e grazie alle quali l’autore è cresciuto e maturato come uomo. Sono donne a cui l’autore rende omaggio, figure a cui riconosce un significato. Ogni racconto corrisponde a una donna che per il suo temperamento ha lasciato un segno nel ricordo e nello sguardo dello scrittore.

C’è l’amica Elvira Sellerio, con la quale si stabilì una profonda amicizia, che prescindeva dal loro connubio professionale; Elvira nel libro viene descritta come “l’esempio assoluto del meglio della donna siciliana. Riservata, tenace, determinata, convinta delle proprie idee e pronta a battagliare per esse, e nello stesso tempo, dolcissima, generosa, comprensiva, sensibilissima.”

Ma c’è anche Elvira, la nonna di Camilleri, una donna a cui piaceva tantissimo inventare parole, una donna che Camilleri definisce come “colei che ha saputo aprire la mia fantasia e a lungo m’ha aiutato ad esercitarla”.

Poi c’è Ingrid, una donna intraprendente che conobbe a Copenaghen,  da cui trasse ispirazione per il personaggio dell’amica straniera nel commissario Montalbano. “Davanti a me stava Ingrid, più bella che mai. A metà cena, mi guardò e disse, tranquillamente, senza timore che gli altri la sentissero: “stasera, se ti va, vorrei stare con te”. Nessun equivoco era possibile. Se fossi stato in piedi, avrei barcollato. Arrossii.”

E c’è Carmela che, con il suo vivere malinconico causato dall’isolamento che si prova a vivere su un’isola come la Sicilia, spinse Camilleri ad abbandonare la terra natia.
In “Carmen”, celebre opera di Bizet, in Nora Helmer protagonista di Casa di bambola di Ibsen e in Hedda Gabler, altro personaggio di Ibsen, Camilleri rileva la forza, la ribellione e l’autonomia di donne che per la mentalità dell’epoca erano evidentemente pericolose e che proprio per questo dovevano essere punite nelle rappresentazioni.

“Insomma, una donna “scandalosa”  come Carmen spaventava”. Anche se ci fu chi fece notare che, in fondo, la coltellata che la uccideva rappresentava il giusto castigo per una vita dissoluta. Che le donne ne traessero le dovute conseguenze. Che ne ricevessero la salutare catarsi come da una tragedia greca. Ma nessuno, all’epoca, poteva prevedere la fertilità del sangue di Carmen.”
 

Siamo tutte GUERRIERE

Chi sono le guerriere di Elisabetta Ambrosi ? Sono le nuove mamme italiane e la loro resistenza!
Un libro che già dal titolo fa sentire forti, capaci e protagoniste, storie di donne e di madri che raccontano amichevolmente un’ assenza di attenzione sia nell’ambito privato che in quello pubblico e che per continuare a resistere ed affrontare il quotidiano  diventano per forza  “GUERRIERE”.
In apertura una significativa prefazione di Lia Celi:
“Noi madri italiane siamo guerriere. Ma non come le donne spartane: siamo guerriere senza patria e senza spada, per citare la canzone di Pierangelo Bertoli. Ma non possiamo accontentarci più dello sguardo dritto e aperto nel futuro, ed è arrivata l’ora di togliere quel piede dal passato”.
Sono tante le storie in questo libro, sono racconti di donne con le quali l’autrice è venuta in contatto attraverso il suo blog e alle quali ha posto domande di rito quotidiano come:
“Quante volte a settimana hai la signora delle pulizie?”
“Chi sparecchia?”
“Quanto guadagni?”
“Come vorresti cambiare il tuo lavoro?”
“Hai avuto i figli che desideravi o ne vorresti altri?”
“Com’é la loro scuola?”
“Sei libera?”
“Sei Felice?””
E le risposte sono racconti, un coro di voci:

sul lavoro delle donne a tempo indeterminato
“Fanno più figli perché hanno più tutele, conciliare l’identità di lavoratrice con quella di madre è una lotta improba. Anche perché gli orari di scuola sono quelli di cinquant’anni fa, pensati per bambini con un genitore – leggi mamma – sempre a casa e pronto ad accoglierlo”.
sul lavoro delle donne a tempo determinato
“I vantaggi della presunta flessibilità si sono davvero ridotti, ma i problemi rimangono come la mancanza di tutele e dei confini tra dimensione privata e professionale. Mia figlia fatica a capire che la mamma è in casa ma deve lavorare per cui spesso ho bisogno di una baby sitter o dell’intervento dei nonni che però percepiscono il mio lavoro come un hobby”.
sul lavoro delle donne a casa
“Preferisco che le donne lavorino ma penso che il problema non sia solo incentivare il lavoro femminile ma disincentivare i modelli fondati sugli uomini. Questo significherebbe promuovere un’organizzazione del lavoro meno rigida e pensare a tutto ciò che è fuori da lavoro: servizi per l’infanzia, disabilità, vecchiaia, tempo pieno nelle scuole, interventi antistereotipi nei bambini e nei giovani, quote di genere a tutti i livelli nella società”.
sulle donne top manager…”spesso le copertine e i principali servizi sono dedicati a loro: donne che ce l’hanno fatta, che hanno scalato i super vertici, le “super Ceo”. “Quanto vicine sono le vite di chi ha sfondato il famoso tetto di cristallo a quelle che invece sono rimaste sotto, anche se con lo sguardo rivolto all’insù? Mentre leggo, provo sempre una curiosa sensazione di disagio, che non riesco bene a spiegarmi.”

Tanti i temi affrontati, da chi lasciare i figli durante le lunghe vacanze, a chi li sfama la sera, piuttosto se è possibile averne più di uno…fino a un welfare poco adeguato.
Una lettura a cui essere grate perché sincera, chiara, amica.

Edito da chiarelettere
 

Una raccolta di cinquantotto microstorie di donne italiane

L’ultimo libro di Nando Dalla Chiesa, “I fiori dell’oleandro”, è una raccolta di microstorie di cinquantotto donne italiane che lottano per la giustizia e la legalità.
L’autore, docente di Sociologia della criminalità organizzata all’Università Statale di Milano e scrittore, ha scelto la metafora dell’oleandro, pianta che fiorisce da primavera all’autunno con tantissimi fiori, solo alcuni di questi però sono freschi e profumano, rendendo la pianta rigogliosa e bella.

Ha scelto l’oleandro per parlare di donne non famose, che non fanno notizia, ma la cui determinazione sarebbe da emulare perché come dice l’autore fanno bella l’Italia.
Ci sono storie di giornaliste, imprenditrici, avvocatesse, operaie, madri, mogli, figlie, che hanno in comune una grande determinazione nella lotta contro la corruzione e che la affrontano con grande coraggio.
Sono storie che comunicano quanto sia importante e determinante l’impegno civile e sociale delle donne in questo paese, e leggendo viene naturale chiedersi se si stia facendo abbastanza per dare dignità al paese e quindi a noi stesse.

I fiori dell’oleandro sono quindi le tante donne sconosciute

come Maria e la rivoluzione contro la ‘ndrangheta, che ”ha sconfitto nelle urne la lunga catena delle indifferenze, gioia e delizia dei clan calabresi”
come Maria Sole Galeazzi, giornalista pubblicista nella redazione di “Latina oggi”, che con impegno combattivo si è trovata a lavorare in un quotidiano di provincia e da un giorno ha dovuto fare i conti con la criminalità organizzata
come Ninetta Di Niscemi “un altezza da bambina e un cuore da leonessa ferita” che porta avanti la sua lotta per dare giustizia al figlio ucciso da coetanei mafiosi
come Suor Carolina, che aveva sempre dato una mano a padre Pino Puglisi, “il prete che smentì con la sua vita e la sua morte il pregiudizio che “”i mafiosi non hanno paura delle prediche”” e che nel 2005 ha fondato un centro proprio nel cuore del potere della “ndrangheta” a Bosco alle pendici dell’Aspromonte. E così molte altre…

I fiori di oleandro come messaggio non solo di bellezza ma anche di impegno femminile, che rende migliore questo paese.

Si fa presto a dire Adriatico. Un libro di Fulvio Evras

Fulvio Evras interverrà alla Biblioteca Civica di Cernusco S/N per presentare la sua ultima opera, “Si fa presto a dire Adriatico”: il libro, che è il primo di una serie di gialli, fa parte di una serie di romanzi ambientati nel Nordest con protagonista l’ispettore Stucky, che, in sella alla sua Morini, percorre la costa croata.

Lungo la strada incontra Ajda, un’affascinante ragazza del posto, che lo scorta in un campeggio naturista e che va via con la promessa di tornare. Sarebbe tutto perfetto, se non fosse che anche in Croazia il sole ha la sua ombra: un delitto irrompe nel  sogno della vacanza. Il morto è un Boscolo con la parlata di Chioggia, impiccato sul lato B dell’Adriatico. Stucky non ce la fa a tirarsi indietro: ispettore clandestino in terra straniera, incomincia una sua indagine interrogando cameriere, nudiste triestine, piloti di motoscafi troppo veloci. Senza distintivo, è più facile tuffarsi anima e corpo in questa storia di pesca abusiva, documenti che scottano, arrembaggi, tradimenti.

Fulvio Evras esordisce nel panorama letterario nel 1999, quando vince la XII edizione del premio Italo Calvino con il racconto “La lotteria”, dato alle stampe solo nel 2005. Nel 2006 pubblica “Commesse di Treviso” e successivamente “Pinguini arrosto” (2008), “Buffalo Bill a Venezia” (2009), “Finché c’è prosecco c’è speranza” (2010), “L’amore è idrosolubile” (2011) ed altri volumi negli anni a seguire. Nel 2012 è la volta di “Se ti abbraccio non aver paura”, un libro che racconta il viaggio in moto per le Americhe di un padre con il figlio autistico, con cui vince il Premio Anima, il Premio Viadana giovani e che è decretato libro dell’anno 2012 dagli ascoltatori di Fahrenheit Rai Radio3: sarà poi tradotto in otto lingue e ha dominato a lungo le classifiche dei libri più venduti.

“I romanzi gialli come quello che sarà presentato il 5 aprile – ha dichiarato l’Assessore alle Culture Rita Zecchini – sono importanti perché, oltre alla narrazione della vicenda in sé, raccontano anche il paese e l’epoca in cui si svolgono i fatti. Nei romanzi di Andrea Camilleri, per esempio, il commissario Montalbano commenta quello che avviene a livello politico, analizza la società in cui i personaggi si muovono, si logora pensando a quello che deve essere il ruolo della Polizia nella società in cui vive e deve spesso risolvere dei casi che raccontano la Sicilia, e a volte l’Italia, dei nostri giorni. Questo tipo di romanzi – conclude l’Assessore – può dunque essere un ulteriore spunto per capire meglio la società, la politica e la cultura dei nostri tempi”.

La passione di Artemisia e altre storie di donne tra pittura, musica e poesia

Questo mese, all’interno della rassegna “Marzo al femminile”, promossa dal circolo Barzago di Bussero, è stata dedicata una serata alle donne e alla loro creatività dal titolo: “Quando la PASSIONE si fa ARTE”. Lo spunto nasce da un romanzo storico: “La passione di Artemisia” di  Susan Vreeland, una vera opera d’arte della letteratura.

Il romanzo è la storia di una grande pittrice, Artemisia, celebrata e riconosciuta nella storia dell’arte che riuscì ad imporre la sua arte e a difendere la sua visione del mondo e della vita nonostante le avversità del  XVII secolo. Il libro fa vivere emozioni forti e contrastanti, sentimenti di passione, amore e odio, vergogna e umiliazione che s’intrecciano attorno alla figura di questa donna che nonostante le avversità non perde la determinazione per infrangere le regole del tempo e difendere la sua libertà.
 

Se ne è parlato,ascoltando musica e poesia, l’11 marzo  per il consueto incontro di Dopocena con libro organizzato dall’associazione Libriamoci
 
Poesia di Alfonsina Storni
Ogni volta che ti lascio, trattengo negli occhi lo splendore del tuo ultimo sguardo.
E allora corro a rinchiudermi, spengo le luci, evito ogni rumore perché nulla mi rubi un solo atomo della sostanza eterea del tuo sguardo, la sua infinita dolcezza, la sua limpida timidezza, la sua fine estasi.
Tutta la notte, con la punta rosata delle dita, accarezzo gli occhi che ti hanno guardato.
 
canzone di Agnes Obel
Sento ancora la tua voce di notte
Quando spengo la luce
E cerco di riposare
Ma non c’è niente che io possa fare
Non sono capace di vivere senza di te
E non perdo di vista questo mio cuore
 

Danza sulla mia tomba

Danza sulla mia tomba, romanzo di Aidan Chambers, si può trovare nella sezione “ragazzi” di qualsiasi biblioteca.  Siccome si tratta di un ottimo libro per ragazzi, diventa una lettura estremamente interessante per adulti che vogliono cercare di comprendere il mondo dell’adolescenza e riconnettersi con il vissuto che certamente hanno condiviso quando si affacciavano alle soglie della vita adulta.
E’ un romanzo a più livelli, parla di adolescenza, di scoperta della propria sessualità, di omossessualità, amore e morte.
Hal, sedicenne sveglio ma insicuro, viene sorpreso a ballare sulla tomba di Barry, ragazzo morto in un incidente di moto. L’assistente sociale chiamato a indagare sullo stato di salute mentale di Hal redige un rapporto.  A questo documento un po’ asettico si intreccia il racconto del ragazzo che ripercorre gli avvenimenti dell’estate: come ha conosciuto Barry, la relazione che è nata tra loro, la disillusione amorosa, il tragico, insolito epilogo.
E’ anche un romanzo di iniziazione che non manca di mettere in evidenza lo straordinario potere terapeutico della scrittura.
Consigliatissimo a chi voglia rivivere in modo vivido e realista i palpiti dell’adolescenza.
Se ne è parlato martedì 19 per il consueto incontro di Dopocena con libro organizzato dall’associazione Libriamoci

Aidan Chambers, Danza sulla mia tomba, Rizzoli, 2008

 
Paola Gioffredi, associazione Libriamoci

Ripartire dalle donne

Pensieri suggeriti dalla lettura del libro “L’origine femminile dell’umanità” (Prospettiva edizioni, 2012)
Mi soffermo sull’immagine in copertina del libro per infiniti minuti catturata dalla profondità dello sguardo della donna in primo piano. E’ una anziana lavoratrice di copra del Kerala (Regione dell’India) e attraverso i suoi occhi e le sue rughe disegnate sul viso si può immaginare tutta una vita.
E’ una calda mattina di mezza estate quando decido di leggere questo testo, arrivato per posta direttamente da Prospettiva edizioni qualche tempo fa, che aspettava pazientemente tra i tanti impegni di essere aperto.
Ogni libro ha la sua storia; questo è nato dal lavoro di più mani che scorrendo le pagine si ritrovano tutte ma principalmente è il frutto dell’incontro – confronto tra una donna, Sara Morace, insegnante di Antropologia nella Scuola Internazionale di Utopia Socialista, co-direttrice del centro di Ricerca Umanista e femminista convinta e un uomo, Dario Renzi, il principale ispiratore dell’Utopia Socialista, direttore dell’omonima rivista e del Centro di Ricerca Umanista.
Entrambi sono autori con numerose pubblicazioni alle spalle che qui si ritrovano per ripensare l’idea, il concetto stesso di specie umana attraversando la strada più utile a loro parere, cioè quella che riparte dal genere femminile.
L’impianto dialogante agevola la lettura delle quattro diverse sezioni in cui è suddiviso il testo, (Primarietà, Origini, Trascendenza, Appendice), con numerosi rimandi ai precedenti scritti dei due autori.

Il filo conduttore del libro è il continuo confronto, arricchito da posizioni non acritiche, sui temi fondamentali dell’esistenza e del divenire del passato che permane nell’oggi, sul come la corrente di Utopia Socialista si sviluppa dalle origini dell’umanità.

Un percorso che non teme parole come “utopia, socialismo, femminismo” e che utilizza un linguaggio che potremmo definire sessuato in quanto vuole denunciare il “trauma di un mondo alla rovescia”, basato sull’idea di sottomissione al genere maschile non solo di quello femminile ma della natura intera.

Ho trovato interessante il modo in cui nel libro le differenze tra uomini e donne vengono affrontate all’interno di un viaggio propositivo come una possibilità e non come ostacolo.

Sara Morace e Dario Renzi, infatti, dialogano apertamente tra loro partendo dall’idea di primarietà del genere femminile per comprendere la specie umana; la tesi sostenuta consiste nel fatto che il genere femminile qualifica l’esistenza della specie, la riqualifica quotidianamente a partire dalla nascita e non solo come nuove vite che appaiono sul pianeta, ma come sviluppo della vita stessa.

L’intento è quello di proporre una chiave di lettura della specie umana universale in relazione sia al tempo che allo spazio e si tratta di una scelta certamente contro corrente rispetto al contesto prevalentemente patriarcale in cui viviamo.

La capacità di pensarci come una specie in tutte le sue differenze è uno dei grandi problemi che ancora oggi riemergono sottoforma di diversi temi anche nei fatti di attualità.
Differenza non vuol dire necessariamente contrarietà, e neppure contraddizione: la differenza è un problema inteso come opportunità di crescita e di comprensione della vita. All’origine delle differenze vi è la differenza primaria tra i due generi maschile e femminile con tutto ciò che significano i loro costanti intrecci, incontri, la loro unione; perché pensare la differenza significa pensare l’unitarietà. Seguendo l’idea di unitarietà non ci sarebbe spazio per il razzismo, per l’etnocentrismo e tantomeno per atteggiamenti di etnocidio o femminicidio.
Provare a pensare fin dal principio ad un’educazione alla vita significa pensare un’educazione alla specie stessa; educare all’essere uomini e donne migliori perché riconoscono le loro autentiche radici e le possibilità di sviluppo ad esse collegate.
L’autrice ci ricorda come non sia necessario partire dal dramma per trovare soluzioni, perché non ci aiutano ad immaginare e impegnarci per vivere in modo diverso cosa che, invece, può fare il semplice fatto di affrontare i problemi in chiave positiva.
L’importanza dell’educazione dunque è nella potenzialità di imparare modi diversi del vivere.
Sara Morace ci riporta all’importanza di riflettere in positivo, partendo dalle questioni fondamentali; “Partire perciò dalla vita e dalla possibilità di vivere meglio, donne e uomini insieme.”
Differenza e Possibilità sono quindi un’occasione di vita migliore se partiamo dall’inizio, dal genere femminile, dalle iniziatrici. Se le donne, riconoscono e scelgono consapevolmente di vivere la propria primarietà, rinnovandola nel quotidiano.
La specie umana è fondamentalmente femminile e numerosi studi dimostrano che c’è un genere, quello femminile, che è primo dal punto di vista di tutte le sfere dell’esistenza (fisica, biologica e sociale). Per capire la specie umana, dobbiamo riconoscerne la sua matrice femminile, verità che negli ultimi anni assumono sempre più rilevanza. Nonostante ciò siamo state/i educate/i ad altro, a pensare come inevitabile l’attuale modo di vivere, quello che viene definito un “rovesciamento generalizzato”rappresentato dal patriarcato.
Il suggerimento di Sara è di ripartire dalla vita e dal concetto di“vivibilità” per superare la violenza patriarcale perché le protagoniste sono finalmente le donne e più precisamente le madri che riescono ad assicurare alla vita continuità per dedicarsi al “miracolo dell’emersione” della natura umana.
Un libro da leggere con la voglia di ripensarsi al centro e non più al margine della famiglia, della società, della vita.
Silvia Di Pietro

Stop al femminicidio consigli di lettura

La Biblioteca sorregge idealmente lo striscione Stop al femminicidio, affisso sulla facciata di Villa Greppi.

Sulla spinta dall’atroce rincorrersi quotidiano dei fatti di cronaca molti sono i libri che negli ultimi tempi, ma non solo, sono stati scritti sul tema del femminicidio. Testimonianze, inchieste, analisi che tentano di riflettere e dare un senso alla mattanza (non vogliamo chiamarlo ‘fenomeno’, il termine ha una patina di ‘naturale’ per qualcosa che di naturale non ha nulla). Sono scritti quasi tutti di donne, anche se i primi a riflettere su questo stato di cose dovrebbero essere proprio i maschi, ritrovando nel proprio inconscio personale e di genere, nel proprio modo di pensare i rapporti, nel proprio bisogno di possesso, nella propria taciuta fragilità i prodromi della violenza.

La Biblioteca di Cernusco offre una selezione dei testi esistenti su fatti che sono spesso conseguenza di altri come la violenza domestica e sessuale, e lo stalking. I libri sono disponibili presso la biblioteca di Cernusco e le altre biblioteche del Sistema Nord est Milano.

  • Nessuna più: quaranta scrittori contro il femminicidio, Elliot 2013
  • Dandini Serena, Ferite a morte , Rizzoli 2013
  • Iacona Riccardo, Se questi sono gli uomini, Chiarelettere 2012
  • Galante Rose, Perché non lo lascio, Antigone 2012
  • Magaraggia Sveva, Uomini contro le donne, Utet 2013
  • Amorosi assassini: storie di violenze sulle donne, Laterza 2013
  • Ponzio Giuliana, Crimini segreti Baldini Castoldi Dalai 2004
  • Barsotti Alessandra, Stalking, Ponte alle Grazie 2011

 

Immagine: www.flickr.com/photos/laras_photos/391459006/

Alda Merini poeta e profeta

Lucia Brambilla e Beatrice Galbiati, del gruppo della Libera università delle donne di Cernusco, ci hanno già raccontato dell’emozione dell’incontro con la poetessa Emily Dikinson. Qui raccontano di Alda Merini.

In un successivo incontro Nicoletta Bonapace ci ha fatto conoscere Alda Merini, poetessa milanese del nostro tempo.

Per renderci più intensa tale conoscenza, ha invitato fra noi Luisella Veroli, archeologa dell’immaginario, amica e biografa di Alda Merini.
Quella che ci ha raccontato Luisella, è una storia di amicizia nata da un rapporto sincero, profondo, vivo, sofferto, tra la maestra di poesia e la sua biografa, tra la poetessa candidata all’Oscar e l’amica che le dà voce per farle raccontare senza filtri, da donna a donna, la sua vita.
Alda Merini ha trascorso parte della sua esistenza negli Ospedali psichiatrici, ma con grande energia, intelligenza, umanità e soprattutto ironia, sapeva trasformare gli incubi della malattia (le voci, i personaggi della follia) in personaggi letterari, in poesia.
Le poesie le sgorgavano come perle, spontaneamente, e dovevano circolare con flusso continuo, così come erano venute.
Lei è poeta- profeta: la vita e la poesia in lei coincidono.
Per Alda Merini la vita, come la poesia, è un mistero alchemico: lo trasforma in oro e lo canta.
Con i suoi versi voleva “cantare l’animalità dell’anima” e il suo primo insegnamento era quello di ascoltare il nostro corpo sessuato, potenzialmente materno ed erotico, per illuminarlo, per riuscire a descrivere “con le ali dell’angelo quello che sentiamo nel grembo come donne e come madri”:

“Se tutto un infinito / ha potuto raccogliersi in un corpo /
come da un corpo / disprigionare non si può l’Immenso?”

 
Diceva alla Veroli:

“Dobbiamo parlare a cuore aperto dei dolori di chi è stato recluso e dello scandalo di bellezza che è la vita”

e che bisogna superare l’ostacolo della materialità della vita per accedere al divino.
Estraeva dalla materialità dolente (anche dalle persone) il meglio.

“Sgravare la materia per trovare lo spirito è il compito del poeta: farsi male alle mani, al cuore, porsi una infinità di domande e poi buttarle via, fumare per rendere piacevole il transito verso la morte…”

E ancora:
 

Le più belle poesie
si scrivono sopra le pietre
con i ginocchi piagati
e le menti aguzzate dal mistero”

 
Oppure:
 

Un tempo nel manicomio
ho sofferto la libertà infelice
di chi è rinchiuso nel vento
dentro i recinti
di una impossibile corsa.
Poi è venuta la vita:
una lacrima che nessuno asciuga,
un velo di presenza
e così io sto muta
parlo solo nei versi.
E mi aggroviglio
nella mia medesima forza
cercando di rimanere eterna.

 
Assistere allo spettacolo teatrale tratto dal libro “Alda Merini – ridevamo come matte” di Luisella Veroli, è stato per noi un momento ulteriore di intensità e partecipazione emotiva.
Esso ha mostrato come la sincerità destabilizzante della poesia possa essere un ingrediente indispensabile per la vita.
Lucia Brambilla e Beatrice Galbiati
 

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Emily Dikinson mistero e trasgressione

Un commento di Lucia Brambilla e Beatrice Galbiati su Emily Dikinson, in chiusura del corso di poesia che si tiene durante gli incontri della Libera università delle donne di Cernusco.

Aprile … in biblioteca da alcuni anni si rinnova per noi un atteso appuntamento: l’incontro con la poesia!

Di giovedì mattina, accompagnate da Nicoletta Bonapace, entriamo nel Paese della Poesia, dove le parole si fanno musica e la musicalità diviene parola che illumina, esprime sentimenti, emozioni, immagini di bellezza, tormenti, saggezza.

Nicoletta ci fa incontrare poetesse e con delicatezza, leggerezza e sensibilità dà loro voce … “Il Poeta è Profeta”, muove in noi il pensiero, “il sentimento-pensiero” e ci sentiamo più ricche in un “comune sentire”.

Così scrive Emily Dickinson:

Una parola muore

appena detta,

dice qualcuno.

Io dico che solo

quel giorno

comincia a vivere.

Emily Dickinson, gigante della letteratura, l’abbiamo incontrata; singole parole, immagini lampeggianti costituiscono la sua forza poetica.

La sua produzione poetica è enorme (ha composto 1860 poesie più le lettere) ed ogni poesia è un capolavoro sul quale ci si sofferma a lungo.

E’ una poetessa ed una mistica, dotata di grande capacità di introspezione e conoscenza di sé.

Decide di autorecludersi nella sua stanza sobria, scarna, non si fa vedere da nessuno, nel silenzio, come per una rinuncia esistenziale.

E’ di una fragilità totale, possiede una sensibilità estrema che le impedisce il contatto con gli altri e lo filtra attraverso la scrittura.

Ma Emily è un mistero: un mistero di chi sceglie l’astensione della pratica della vita, ma ne conosce le più intime emozioni, i profondi, infiniti limiti.

E proprio attraverso la poesia si riconosce in Lei una donna tenace e tagliente, ribelle, ironica, colma di contraddizioni e metafore.

Parole poetiche, agili, incisive, trasgressive splendono, illuminano e risuonano nei temi dei suoi scritti: amore, natura, morte, eternità, solitudine, assenza.

Originalissima nella forma e nel linguaggio Emily Dickinson preferì composizioni brevi o brevissime, senza metro preciso, senza rima, spesso senza punteggiatura (caratteristica di una modernità espressiva!).

La sua grandezza è riuscire ad esprimere le più grandi cose con le piccole cose, richiamando gli aspetti della vita quotidiana, piccoli avvenimenti che si dilatano a dimensioni cosmiche.

Lucida, ha uno sguardo disincantato e lo rivolge con candore, luminosità e stupore verso il creato.

Emily trasforma la solitudine in risorsa, in dialogo con l’assenza, in possibilità di conoscere sé stessi, ci dice che il rapporto con il sé è un rapporto di stupore.

Traduce la sua esperienza in poesia, trasforma il vuoto (assenza degli altri) in canto.

Noi abbiamo imparato a riconoscere in Lei una donna vibrante, contraddittoria, ma costante nei sentimenti a cui basta una sfumatura di luce, un battito d’ali, per cogliere tutto.

Vi è una solitudine dello spazio,

una solitudine del mare,

una solitudine della morte, ma queste

saranno una folla

a confronto di quel luogo più profondo

quella polare segretezza,

un’anima ammessa alla propria presenza –

finita infinità.

In un’altra poesia conferma:

C’è un’altra solitudine

molti ne muoiono senza –

non nasce dal bisogno di un amico

o dalle circostanze della sorte

ma dalla natura, a volte, a volte dal pensiero

e chiunque la viva

è più ricco di quanto mai rivelino

i numeri mortali.

In un’altra poesia si legge:

Non sarai mai prigioniera –

finchè ti abita –

la libertà – in persona –

 Lucia Brambilla e Beatrice Galbiati

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